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Una settimana decisiva: la proposta franco-tedesca e il futuro del Recovery Fund.

Post Cover - Una settimana decisiva: la proposta franco-tedesca e il futuro del Recovery Fund.

Nella scorsa settimana Francia e Germania hanno deciso di premere l’acceleratore sul processo di creazione del Recovery Fund. I leaders delle due principali economie dell’Unione, infatti, hanno prodotto un documento congiunto riguardante la collaborazione franco-tedesca contro il Covid-19. Tra gli argomenti discussi spicca proprio un nuova proposta sul fondo di ricostruzione, che la Commissione Europea prenderà in considerazione apprestandosi a definire lo strumento.

Il Recovery Fund, così come delineato da Angela Merkel ed Emmanuel Macron, avrebbe una dotazione di circa 500 miliardi di euro, garantiti dal bilancio dell’Unione e quindi dai contributi degli stati membri. La Commissione verrebbe autorizzata a reperire le risorse tramite indebitamento sui mercati internazionali, attraverso le suddette garanzie. Le risorse verrebbero poi redistribuite in base alle situazioni dei singoli paesi. E’ importante evidenziare che gli stanziamenti saranno a fondo perduto e non sotto forma di prestiti. Il rimborso del debito contratto sui mercati verrà affidato alla totalità degli stati membri: le risorse erogate non saranno proporzionali alla quota di contribuzione versata dagli stati. I bonds di lungo periodo emessi dalla Commissione rappresenterebbero un potenziale volano, sia per l’economia europea che per il processo di integrazione.

Molte voci dal fronte sovranista si sono levate per criticare la proposta: i partiti di opposizione in Italia hanno bollato come falsa l’affermazione che i miliardi siano a fondo perduto perché, alla scadenza dei bonds, il rimborso avverrà attraverso il bilancio dell’Unione, composto dalle contribuzioni degli stati membri[1]. Ma, come già riportato, le risorse di cui beneficeranno i diversi stati non saranno proporzionate alla quota versata al bilancio, ma alla necessità dei paesi colpiti dal Covid-19.

Ad esempio, la Germania, primo contributore al bilancio, riceverebbe una parte minima delle risorse previste, dato che ad oggi il paese ha resistito bene all’emergenza virus, registrando circa ottomila decessi in totale.

Per l’Italia, invece, la situazione sarebbe differente: il nostro paese è il terzo contributore al bilancio, dopo l’uscita del Regno Unito, ma è il più colpito dalla pandemia sia dal punto di vista sanitario, con il SSN messo a dura prova, che dal punto di vista economico. Sarà quindi il principale beneficiario delle risorse del Recovery Fund, assieme alla Spagna, a fronte di una contribuzione proporzionalmente minore al funzionamento dello strumento.

Il ministro delle finanze Gualtieri, nelle scorse settimane, ha dichiarato di aspettarsi un contributo tra gli 80 e i 100 miliardi dal fondo in fase di istituzione. Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è detto ottimista, riferendosi alla proposta franco-tedesca come “un buon punto di partenza”.

Per l’Italia potrebbe essere l’occasione per implementare un percorso riformista che attende da decenni la realizzazione: la richiesta di “un chiaro impegno degli Stati Membri ad applicare politiche economiche sane e un’ambiziosa agenda di riforme” fa pensare che i progetti di ricostruzione finanziati attraverso il fondo possano beneficiare di linee guida per lo sviluppo sostenibile, e che l’aiuto dell’Europa possa avviare una stagione di riforme nel nostro paese.

Quello proposto da Francia e Germania si presenta come un buon compromesso tra le posizioni dei paesi del sud (in particolare Italia, Spagna e la stessa Francia) e quelli del nord (con la Germania in testa, ma in cui i più severi sono Olanda e Austria). Una riduzione della dotazione del fondo, infatti, accontenterebbe le richieste dei paesi più inflessibili, mentre la modalità del fondo perduto si avvicinerebbe alla visione dei paesi più favorevoli all’istituzione del Recovery Fund, che hanno ripetutamente richiesto alla Commissione uno strumento che non utilizzasse i prestiti.

La Germania, in particolare, ha operato un deciso cambio di rotta allontanandosi dalle posizioni intransigenti di Olanda, Austria, Danimarca e Svezia, che infatti si sono detti contrari alla proposta e favorevoli al solo utilizzo di prestiti.

Stando alle dichiarazioni della Commissione, comunque, la dotazione del Recovery Fund dovrebbe aggirarsi intorno ai mille miliardi di euro. Si potrebbe trattare, nel caso, di erogazioni ibride, in parte attraverso stanziamenti a fondo perduto e in parte attraverso prestiti.

La Presidente Von der Leyen, forte dell’appoggio di Francia e Germania, dovrà convincere i paesi più ostili ad accettare il progetto. La Commissione dovrebbe presentare l’intera agenda per la ricostruzione mercoledì 27 maggio: l’iniziativa franco-tedesca ha rivitalizzato l’azione della UE, che prospettava un invalicabile ostacolo in sede di Consiglio Europeo, date le profonde divergenze tra gli stati.

Anche la Spagna, che aveva già lanciato un sua proposta[2], ha manifestazione un atteggiamento favorevole all’iniziativa di Merkel e Macron. Per questo motivo i vertici delle istituzioni europee possono permettersi un cauto ottimismo sul futuro del Recovery Fund.

Aspettando mercoledì prossimo, si può dire che l’Europa si stia muovendo certamente nella giusta direzione. Se la proposta della Commissione si rivelerà all’altezza delle aspettative, per la prima volta l’Unione Europea emetterà titoli comuni legati al bilancio comunitario. Una buona notizia, nell’emergenza. E una speranza per il futuro del processo di integrazione, che nell’ultimo decennio ha conosciuto un prolungato periodo di stagnazione.

Riccardo Raspanti

CIVITAS EUROPA - Divisione Economia

Note:

[1] ad oggi, secondo trattato, le contribuzioni annuali coprono le spese del bilancio UE ma non possono superare l’1,2% del PIL per ogni stato.

[2] di cui abbiamo trattato qui, su Civitas Europa: https://civitaseuropadoteu.wordpress.com/2020/05/04/recovery-fund-in-attesa-del-vertice-del-6-maggio/

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