Quale ruolo per il Sud Italia nell'Europa post pandemia?
Nel bel mezzo della seconda ondata di pandemia che sta rischiando ancora una volta di travolgerci, occorre necessariamente guardare avanti con uno sguardo particolare rivolto verso l’Europa: lì dove si è raggiunto un fondamentale accordo tra Europarlamento e Consiglio Europeo, passo decisivo per l’attuazione dell’ambizioso progetto del Recovery Fund, ossia il fondo per la ripresa e la resilienza.
Le istituzioni europee hanno assunto e, a breve, dovranno assumere importanti decisioni, da cui dipenderà̀ il futuro dell’Unione e di milioni di persone che hanno vissuto e stanno vivendo uno dei più̀ grandi drammi del secolo. Questa terribile crisi, sanitaria prima, economica e sociale poi, non verrà sprecata solo se si trasformerà in un’opportunità.
Per chi? Per tutti coloro che nel progetto europeo hanno da sempre creduto e anche (e soprattutto) per chi invece non si è mai sentito parte integrante del sistema Europa, come è accaduto in molte realtà del Sud Italia, ove i cittadini troppo a lungo si sono sentiti abbandonati, in primo luogo, dallo Stato italiano e, in seconda istanza, dall’Unione Europea, quale istituzione madre che avrebbe dovuto (e dovrebbe) garantire il rispetto del principio di solidarietà̀ tra i popoli nello spirito del Trattato di Lisbona.
La discussione sul futuro dell’Ue, mai così attuale e urgente come in questo momento storico, riguarda la visione, le politiche e le risorse di quest’ultima. In un tale contesto Germania e Francia si sono fatte pioniere di una svolta in senso solidaristico dell’Unione proponendo l’ambizioso “Next Generation Eu”. Le importanti risorse di questo progetto potrebbero essere utilizzate anche per sostenere il rilancio del Sud Italia, per troppo tempo lasciato al suo destino e che, a differenza della prima ondata in cui sembrava quasi essere stato risparmiato, sta rischiando di essere travolto dalla seconda con conseguenze drammatiche sul sistema sanitario non adeguatamente attrezzato per fronteggiare una minaccia cosi grande.
La crisi pandemica sta mettendo in evidenza alcuni importanti punti deboli del sistema Italia, come la mancanza di risorse o la non adeguata utilizzazione di quelle a disposizione in una vasta parte del territorio nazionale e una perenne contrapposizione ideologica del sistema politico, per citarne alcune.
L'attuale crisi ha anche portato alla luce, con drammatica evidenza, importanti criticità̀ del processo di globalizzazione, tra cui le conseguenze devastanti di alcune scelte che nel corso degli anni hanno indotto moltissime aziende a lasciare anche il Sud Italia (contribuendo in maniera drastica ad accelerare il processo di impoverimento del Sud stesso) e ad insediare le proprie aziende altrove (dando vita cosi al cosiddetto processo di delocalizzazione) favorendo sì lo sviluppo economico di altre realtà̀, ma lasciando nel disagio più̀ assoluto consistenti fasce di popolazione che lo Stato non ha saputo adeguatamente supportare, né economicamente né socialmente con scelte politiche idonee.
Tutto ciò̀ ha alimentato il malessere di tante comunità̀, lasciando spazio all’intervento di organizzazioni criminali (mafiose) che hanno saputo inserirsi nel tessuto economico inquinando consistenti strati della società̀ (non solo al Sud, ma anche in molte realtà̀ del Nord abbiamo assistito a sempre più̀ numerosi fenomeni di infiltrazione mafiosa).
Le tanto agognate risorse messe a disposizione da un’Europa finalmente tornata ad essere solidale, nello spirito dei padri fondatori e di cui, come detto sopra, in primo luogo la Germania si è fatta pioniere, sono l’occasione per capovolgere questa situazione, operando scelte strategiche in grado di bloccare il processo di impoverimento ormai in atto da molti anni soprattutto nel Sud Italia (terra di grandi risorse e bellezze naturali) e offrendo nuova linfa vitale al tessuto economico cosi anche da alleggerire il divario tra Nord e Sud con evidenti risvolti positivi anche da un punto di vista sociale.
Come ha sottolineato il Governatore della Banca d’ Italia Ignazio Visco nel suo intervento al Festival dell’Economia di Trento: “la distanza (del Mezzogiorno, ndr) rispetto al resto d’Italia è la più̀ grande distanza tra un’area in via di sviluppo e un’area sviluppata nell’ambito dell’Unione Europea, probabilmente il reddito pro capite sarà̀ la metà del resto del Paese”.
Quale migliore prospettiva, per l’Italia tutta e, in particolare, per un Sud sofferente se non le risorse messe a disposizione dall’Ue? Quale maggiore opportunità per riavvicinare i cittadini europei, a volte così distanti, ma indubbiamente molto simili nel confronto globale? Quale migliore occasione per spegnere le ondate populiste che attraversano gran parte dell'Europa?
Un’operazione concreta che, con parte delle risorse messe in campo dal Recovery Fund si potrebbe realizzare e che potrebbe essere mirata a far sentire i cittadini del Mezzogiorno d’Italia finalmente integrati nel sistema (produttivo e non solo) “Italia” e, si auspica, anche “Europa”, potrebbe essere quella di sostenere fortemente il processo di re- internalizzazione di molte aziende europee.
Ciò produrrebbe due importanti effetti: si inciderebbe sul benessere economico, e non solo, delle comunità locali, e si contribuirebbe anche alla re-internalizzazione di produzioni di beni e servizi, come quelli sanitari, che in piena crisi pandemica si sono dimostrati essenziali e che, in un futuro più o meno lontano, potrebbero rivelarsi di nuovo tali, considerando le previsioni non certamente rassicuranti di alcuni scienziati sulla sempre più̀ concreta possibilità̀ che si verifichino altre emergenze sanitarie.
Partendo dall‘assunto economico che un paese ricco tende ad importare di più̀, la Germania in primis potrebbe essere particolarmente interessata alla crescita economica (arricchimento) del Sud Italia come potenziale mercato di sbocco dei suoi prodotti anche in vista della probabile riduzione delle proprie esportazioni in Cina. Inoltre la ricerca di mercati differenti da quello asiatico potrebbe anche essere dettata da ragioni geopolitiche e dalla rinnovata potenziale alleanza con gli Stati Uniti nell‘era Biden.
Le risorse messe a disposizione dall’Ue potrebbero anche incentivare la realizzazione degli ambiziosi progetti previsti dal “Piano per il Sud 2030”, proprio per il rilancio da tutti auspicato, ma mai realizzato, del Meridione d’Italia.
Il processo di re-internalizzazione potrebbe essere sostenuto dal potenziale capitale umano rappresentato dai cosiddetti “cervelli in fuga” attraverso il loro rientro nella terra d’origine. Il problema della fuga dei cervelli, piaga sociale che interessa tutta la Penisola, rappresenta una realtà particolarmente drammatica proprio nel Sud, ove, secondo i dati forniti da Svimez, nel 2017 167mila cittadini hanno cancellato la propria residenza: circa un terzo di loro era laureato.
Una politica esauriente in tal senso potrebbe consistere nel mettere a disposizione risorse importanti finanziando, ad esempio, progetti di ricerca sul territorio volti a promuovere la svolta ecologica di cui il Mezzogiorno necessita. La cosiddetta “terra dei fuochi” è purtroppo la conseguenza scellerata del connubio tra mala politica e criminalità̀ organizzata.
Certamente la necessità di ricostituire una classe dirigente degna di essere così definita, che sia in grado di fare scelte coraggiose e lungimiranti, è diventata ormai un'urgenza imprescindibile. Anche il progetto di dar vita a scuole di formazione per amministratori qualificati che sappiano realizzare progetti ambiziosi potrebbe, se le risorse europee saranno messe a frutto, finalmente concretizzarsi.
Una classe dirigente competente è uno dei pilastri più importanti, se non il più importante, su cui occorre fondare la rinascita del Sud. (Quello che è accaduto nella sanità calabrese è un chiaro segnale della mediocrità della classe dirigente). Ciascuna misura realizzata produrrebbe inevitabilmente una serie di effetti positivi a cascata sul tessuto economico e sociale.
Solo un’Italia economicamente omogenea, forte e competitiva, che finalmente ritorni a guardare al futuro con speranza e determinazione potrà contribuire al rilancio del Progetto Europeo, e viceversa. Trasformare una crisi terribile in una grande, unica opportunità per il nostro futuro e per quello delle future generazioni sarebbe una sfida che i padri fondatori accoglierebbero senza se e senza ma.
CIVITAS EUROPA - COLLABORATORE ESTERNO
Dott.ssa Laura Paolucci, ricercatrice indipendente e insegnante d’Italiano presso VHS Münster e Rheine.
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