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L’Unione Europea nelle relazioni internazionali

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Il riaccendersi della crisi migratoria al confine tra Grecia e Turchia ha dimostrato inequivocabilmente quanto potere di ricatto nei confronti dell'Unione Europea il presidente turco Recep Tayyip Erdogan detenga nelle sue mani. È bastata una sua decisione per far aleggiare sull'Europa i timori di una nuova crisi migratoria come quella del 2015-2016, risoltasi con l'ambiguo accordo attraverso cui Bruxelles essenzialmente paga Ankara per tenersi i rifugiati e i migranti che vorrebbero stabilirsi nei paesi più ricchi dell'Unione.

Gli scontri al confine greco-turco e il braccio di ferro tra Unione Europea e Turchia, in quanto conseguenze della decisione presa da Erdogan alla luce della morte di decine di soldati turchi nella provincia di Idlib, nella Siria nord-occidentale, hanno portato alla luce le difficoltà che l'Ue incontra nell'influenzare il corso degli eventi di politica internazionale. La crisi migratoria è conseguenza delle guerre che nello scorso decennio hanno interessato – e continuano ad interessare nel caso siriano – la Siria e l'Iraq. In poche parole, l'Ue subisce le conseguenze degli eventi che accadono in Medio Oriente senza possibilità di influenzarli. Lo stesso può dirsi del conflitto tra Stati Uniti ed Iran. L'Unione Europea fu tra i firmatari dell'accordo sul nucleare iraniano del luglio 2015 (Jcpoa) eppure non è riuscita ad impedire l'escalation di tensione tra Washington e Teheran che per poco non è sfociata in guerra aperta.

Il ruolo dell'Unione Europea in questi dossier ci spinge a riflettere in generale sul ruolo di Bruxelles nelle relazioni internazionali. L'Ue, nonostante una popolazione di circa 450 milioni di abitanti e il fatto di essere una potenza economica e commerciale, non è uno dei principali attori della politica internazionale. Per un motivo molto semplice: gli Stati-nazionali sono i principali attori della politica internazionale e l'Unione Europea che non è uno Stato-nazionale, bensì un'organizzazione composta da un insieme di Stati-nazionali che hanno deciso di delegare ad essa parte della propria sovranità, ma non la politica estera e di difesa.

L'Ue non ha un ministro degli esteri, non ha delle rappresentanze diplomatiche all'estero e soprattutto non ha delle forze armate, elemento fondamentale che caratterizza qualsiasi Stato.

Il soft power economico può essere un'utile leva in politica internazionale ma senza l'hard power militare conta molto poco. Soprattutto, la mancanza di forze armate non permette di intervenire in contesti bellici per affermare i propri interessi.

Mentre Stati Uniti, Russia, Iran, Turchia ed Israele intervengono militarmente in Siria ciascuno per perseguire il proprio interesse, l'Ue si limita a pronunciare dichiarazioni che vengono spazzate via dal suono assordante della guerra. Le stesse considerazioni sono valide per la Libia. Nella ex colonia italiana infatti i paesi più influenti sono Russia, Emirati Arabi Uniti, Egitto – che supportano militarmente il feldmaresciallo cirenaico Khalifa Haftar – e la Turchia – che aiuta il governo di accordo nazionale del primo ministro Fayez al-Serraj. L'Ue non è pervenuta. Alcuni paesi europei, come Italia e Germania, hanno preso delle iniziative diplomatiche solitarie ma, pur disponendo di forze armate, hanno rifiutato a prescindere di utilizzarle, condannandosi a un ruolo di secondo piano e lasciando campo libero alle potenze più audaci.

L'Unione Europea appare quindi incapace di tutelare i propri interessi nelle aree di maggiore interesse strategico (Nord Africa e Medio Oriente) trovandosi a subire gli effetti destabilizzanti di quanto avviene in queste regioni. Per condurre una politica estera più incisiva l'Ue dovrebbe dotarsi di forze armate. Per fare ciò esistono due strade. La strada più ovvia, ma anche più improbabile, è che l'Ue diventi uno Stato, giacché solo gli Stati possiedono forze armate legittime e riconosciute. Questa strada implicherebbe l'estinzione delle forze armate nazionali e un cambiamento radicale degli equilibri geopolitici in Europa che allarmerebbe in primis la Russia ma, probabilmente, anche il Regno Unito. Si tratta di uno scenario alquanto improbabile siccome non potrà mai avvenire senza il consenso degli Stati Uniti.

In alternativa, l'Ue potrebbe dotarsi di forze armate parallele a quelle nazionali. Questo scenario, pur prevedendo delle incognite (per esempio, quali sarebbero le relazioni tra questa forza militare europea e la NATO?), sembra il più probabile. Scordiamoci l'unanimità. I paesi dell'Europa centro-orientale, e in particolare quelli del gruppo Visegrad, già recalcitranti nei confronti delle direttive europee sulla ripartizione dei migranti, difficilmente cederebbero parte della loro sovranità per creare delle forze armate europee. Inoltre, questi paesi, per tutelare la propria sicurezza nazionale, dovendo scegliere tra forze armate europee e NATO, quindi Stati Uniti, sceglierebbero decisamente l'alleanza nord-atlantica. Lo scenario più fattibile è che solo alcuni paesi, magari i sei fondatori, decidano di dare vita a una forza europea multinazionale. Qualcosa di simile già esiste, si tratta dell'Eurocorps [1].

Al di là della volontà politica e delle disponibilità finanziarie, elementi fondamentali ma non sufficienti, l'esecuzione di un progetto del genere non può non tenere conto della reazione di Stati Uniti, Russia e Regno Unito, in quanto, come già detto, la creazione di forze armate europee cambierebbe in modo significativo gli equilibri europei. In particolare, già solo l'opposizione degli Stati Uniti sarebbe un elemento in grado di compromettere dal principio il progetto. A meno che gli Stati membri dell'Ue intenzionati a costituire forze armate comuni (ipotizziamo ancora che siano i sei paesi fondatori) non siano disposti a incrinare seriamente le relazioni transatlantiche, pilastro su cui dal 1949 poggia la sicurezza dell'Europa occidentale. In una situazione del genere, i paesi membri dell'Ue non disposti a partecipare alla costruzione delle forze armate comuni cosa farebbero? Appoggerebbero i sei fondatori oppure si schiererebbero dalla parte degli Stati Uniti? La coesione dell'Ue potrebbe facilmente essere messa in pericolo da questo progetto. Per farla breve, il punto è che la costruzione di forze armate europee è una questione che non riguarda solo gli Stati membri dell'Ue ma anche Stati Uniti, Russia, Regno Unito e NATO. Questo fatto complica notevolmente la riuscita di tale progetto [2].

In conclusione, è improbabile, sebbene auspicabile, che in futuro l'Ue incrementi il suo peso in politica internazionale passando per la costruzione di forze armate comuni. La volontà politica dei vertici delle istituzioni europee e dei capi di governo dei paesi maggiori non c'è, salvo qualche timida dichiarazione di tanto in tanto sulla necessità di perseguire una politica estera comune. E la volontà politica è solo il primo, fondamentale ma insufficiente, mattone necessario per la costruzione di forze armate comuni. A parere di chi scrive, il più grande ostacolo per la riuscita di questo progetto è dato dalla postura degli Stati Uniti. Se Washington fosse d'accordo, premesso che vi sia la volontà politica e la disponibilità finanziaria almeno di alcuni Stati membri, la costruzione di forze armate comuni sarebbe fattibile. Qualora Washington fosse contraria probabilmente non si farebbe nulla.

CIVITAS EUROPA – Dr. Massimiliano Palladini


[1]Si veda Massimiliano Palladini, Un percorso irrinunciabile. L'Unione Europea verso le forze armate comuni

[2]Per ulteriori considerazioni sulle implicazioni internazionali della costruzione di forze armate europee vedere M. Palladini, Il problema della difesa comune europea, 26/12/2019. https://www.civitaseuropa.eu/about

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