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L'Europa al bivio: breve guida al Consiglio Europeo del 23 aprile.

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Il Consiglio Europeo di domani, giovedì 24 aprile, costituirà inevitabilmente un punto di svolta per l’Unione, chiamata a dimostrare unità e capacità di coordinazione per far fronte all’emergenza.

Ma quali sono le misure che verranno discusse? Le opzioni a disposizione dei capi di stato e di governo sono quelle uscite dalla riunione dell’Eurogruppo di due settimane fa. Nel frattempo, le istituzioni comunitarie hanno dato segno di voler influenzare la discussione per obbligare il Consiglio a giungere ad una conclusione comune.

Questo articolo, scritto a più mani, vuole costituire uno strumento per orientarsi nelle contrattazioni e per operare un confronto tra le proposte discusse e le effettive misure che verranno decise.

RECOVERY BONDS E CONSILIUM (di Raspanti Riccardo)

Tra i punti di discussione che verranno trattati dal Consiglio Europeo, si inseriscono le richieste delle istituzioni comunitarie. Venerdì 17 aprile, infatti, il Parlamento Europeo (PE) ha approvato a larga maggioranza una risoluzione non vincolante[1] per invitare i capi di stato e di governo ad introdurre dei titoli comuni, i cosiddetti “Recovery Bonds”. L’emissione di questi titoli sarebbe volta a finanziare lo European Recovery Fund proposto dal Presidente Macron: un fondo comune a cui gli stati provati dall’emergenza possano attingere per rilanciare il sistema economico.

Il documento richiede che il nuovo quadro finanziario pluriennale dell’Unione (QFP) tenga in considerazione la necessità di aumentare le risorse del bilancio europeo, sottolineando inoltre la necessità di reindirizzare tutti gli strumenti di finanziamento inutilizzati dell’attuale bilancio (QFP 2014-2020) verso misure di tutela della salute pubblica e per la ripresa economica.

Viene anche citato il MES: il Parlamento invita gli stati ad utilizzare i 410 miliardi attraverso la creazione di una linea di credito specifica, proposta peraltro già discussa in sede di Eurogruppo e i cui termini verranno definiti al Consiglio di giovedì.

I Recovery Bonds sono citati al paragrafo 19 della risoluzione, dove si legge che il Parlamento Europeo “invita la Commissione Europea a proporre un massiccio pacchetto di investimenti per la ripresa e la ricostruzione a sostegno dell’economia europea[2]. Dopo la bocciatura dell’emendamento dei Verdi europei, che inseriva nel testo i cosiddetti “Coronabonds”, che sarebbero stati finanziati esattamente come gli “Eurobonds”, cioè attraverso l’indebitamento comune dell’Eurozona, il Parlamento ha trovato un accordo su modalità differenti per finanziare la ripresa. Si legge nel testo della risoluzione, infatti che “gli investimenti necessari potrebbero essere finanziati attraverso un QFP ampliato, i fondi e gli strumenti finanziari dell'UE esistenti e obbligazioni a sostegno della ripresa garantite dal bilancio dell’UE”. Inoltre, il Parlamento “ritiene che tale pacchetto non dovrebbe comportare la mutualizzazione del debito esistente e dovrebbe essere orientato a investimenti futuri”.[3]

Lo spirito della risoluzione, quindi, è quello di creare un fondo comunitario d’investimenti che sia inserito permanentemente tra gli strumenti finanziari a disposizione dell’Unione e dei suoi membri.

Dovessero gli stati membri accogliere le richieste del Parlamento Europeo e della Commissione, per la prima volta l’Unione avrebbe a disposizione un fondo controllato totalmente dalle istituzioni comunitarie e non dagli stati nazionali, con la possibilità di emettere debito comunitario senza dipendere dalla mutualizzazione dei debiti nazionali tra gli stati membri.

Ma c’è un altro passaggio che è degno di essere analizzato più approfonditamente. Perché, all’inizio della risoluzione, viene invitata la Commissione a portare avanti le proposte raccolte nel documento?

In effetti, l’unica istituzione a detenere il diritto di iniziativa legislativa tra Parlamento, Consiglio e Commissione, è quest’ultima. E’ la Commissione ad avviare il processo legislativo: può farlo autonomamente, creando un documento legislativo da sottoporre agli altri due organi. Se, invece, la proposta arriva dal Consiglio Europeo o come in questo caso dal Parlamento, la Commissione è tenuta a produrre un documento che rispecchi le misure richieste. A quel punto si susseguono due round di lettura e votazione in sede di Consiglio e Parlamento europeo. Se i due organi si trovano in disaccordo, interviene il Comitato di Conciliazione (composto in numero eguale di membri del Parlamento e rappresentanti del Consiglio) che deve trovare una soluzione comune. Se l’accordo non viene raggiunto, la procedura è sospesa e il provvedimento non viene adottato.

Mettendo in campo questo pacchetto di proposte, il Parlamento Europeo ha messo il Consiglio davanti ad un bivio: accettarle così come la Commissione le proporrà o respingerle, andandosi ad invischiare nella procedura delle varie letture, in un momento in cui tutta Europa richiede misure rapide per il contrasto all’emergenza.

La predominanza raggiunta dal Consiglio Europeo sulle decisioni sovranazionali ha rallentato grandemente l’azione coordinata dell’Unione. La speranza è che l’impulso dato dal Parlamento alla Commissione possa smuovere gli stati nazionali dal loro torpore, per giungere a decisioni comuni in sede di Consiglio.

IL MES (di Scipione Andrea)

L’ultimo Eurogruppo, probabilmente il più importante da quando esiste tale riunione, dopo ore di negoziazione e di dibattito ha generato delle soluzioni concertate che dovranno essere discusse il 23 aprile dal Consiglio europeo. In questa parte dell’articolo verrà descritta la modifica inerente al MES. Come già anticipato questo istituto gode di diversi strumenti, nessuno dei quali adatto alla immediata richiesta di liquidità dei singoli Paesi derivata dal Covid-19. Cosa hanno proposto quindi i ministri delle finanze dell’area euro riguardo al MES? L’attenzione si è concentrata molto sulle modifiche apportate all’utilizzo del meccanismo europeo di stabilità le quali prevedono la possibilità da parte di un Paese di prendere a prestito immediato un valore pari al 2% del PIL (ad esempio, l’Italia avrebbe accesso a 35,7 miliardi), de facto annullando le famose condizionalità necessarie per attingere al meccanismo.

In verità, una condizionalità esiste ed è la seguente: “i Paesi che desiderano utilizzare le risorse del MES potranno utilizzarle solo in spese dirette ed indirette correlate alla crisi sanitaria generata dal Covid-19”. In effetti, l’unica condizione è spendere questo denaro ottenuto ad un costo molto più basso, per alcuni Paesi, rispetto al costo medio degli interessi pagati sui titoli di Stato.

Un punto cruciale sarà stabilire cosa si intende per spese indirette legate al Covid-19: sussidi di disoccupazione? Investimenti per il turismo? Modifiche ai mezzi di trasporto? Spetterà ai singoli Stati membri durante il Consiglio europeo stabilire con precisione le caratteristiche del prestito. In Italia si è sollevata un forte critica contro il MES perché secondo gli scettici le condizionalità potrebbero essere richieste durante o alla fine del programma e questa tesi troverebbe conferma nelle dichiarazioni dell’Eurogruppo. In realtà tali dichiarazioni spiegano che i Paesi in seguito a questa crisi devono impegnarsi a rafforzare i loro fondamentali di base, più che una condizionalità suona come una raccomandazione volta ad impedire il permanere di condizioni di fragilità economica.

Fungibilità: In economia, così come in diritto, l’esser fungibile, cioè la capacità di essere intercambiabile. Rappresenta la capacità di sostituzione reciproca.

Un’ultima osservazione importante riguarda le risorse fungibili. Cosa significa fungibilità? Tale caratteristica appartiene a quelle risorse che possono essere trasferite da una spesa all’altra senza nessun vincolo, cosa c’entra con il MES? Le risorse del meccanismo NON sono fungibili perché condizionate alla spesa sanitaria come abbiamo detto ma i Paesi potrebbero utilizzare le risorse dedicate alla sanità precedentemente impegnate per altre spese. Questo meccanismo riesce a ribilinciare la non fungibilità del MES. Prendiamo come esempio l’Italia: essa stanzia ogni anno una somma simbolica di 10 per le spese sanitarie, l’anno successivo decide di attivare il MES e quei 10 che stanziava di tasca propria per la sanità ora sarebbe coperti dal MES e quindi possono essere spesi altrove. A questo punto, parte della somma può essere stornata in altri capitoli di spesa decisi autonomamente dall’Italia, scavalcando quindi la condizionalità.

BANCA EUROPEA DEGLI INVESTIMENTI: UNA BANCA COME LE ALTRE? (di Verdoliva Alessandro)

Quando si parla di banca europea ci si riferisce alla BCE, la banca centrale europea. Eppure, i due enti sono completamente diversi. La banca europea degli investimenti, da ora abbreviata con l’acronimo BEI funge in realtà da fondo di sviluppo, analogamente alla Banca Mondiale, la BM. La BEI nasce molto prima della BCE e del progetto di moneta unica. Mentre lo scopo della BCE è quello di regolare la politica monetaria, la BEI non ha alcuna delle funzioni di politica monetaria: non regola il tasso di interesse e non stampa moneta. Non ha quindi alcun controllo sul valore e sul funzionamento della moneta in sé.

Fondo di protezione dal Covid-19?

Sia la BM che la BEI nascono in un’epoca simile con scopi analoghi. Mentre la BM (nata nel 1945 in seguito a Bretton Woods insieme all’FMI) è specificamente nata nel quadro mondiale dell’ordine liberale in funzione di containment, la BEI nasce 12 anni dopo, nel 1957, nel quadro del Trattato di Roma e dell’integrazione europea. Nasce con lo scopo preciso di implementare e coadiuvare le forze dei paesi europei per lo sviluppo post-bellico e per il finanziamento degli investimenti atti a sostenere gli obiettivi politici dell'Unione.

(artt. 198D e 198E che riprendono e modificano gli originali articoli 129 e 130): La Banca europea per gli investimenti ha il compito di contribuire, facendo appello al mercato dei capitali ed alle proprie risorse, allo sviluppo equilibrato e senza scosse del mercato comune nell'interesse della Comunità. A tal fine facilita, mediante la concessione di prestiti e garanzie, senza perseguire scopi di lucro, il finanziamento dei seguenti progetti in tutti i settori dell'economia: a) progetti contemplanti la valorizzazione delle regioni meno sviluppate; b) progetti contemplanti l'ammodernamento o la riconversione d'impresa oppure la creazione di nuove attività richieste dalla graduale realizzazione del mercato comune che, per la loro ampiezza o natura, non possono essere interamente assicurati dai vari mezzi di finanziamento esistenti nei singoli Stati membri; C) progetti d'interesse comune per più Stati membri che, per la loro ampiezza o natura, non possono essere completamente assicurati dai vari mezzi di finanziamento esistenti nei singoli Stati membri.

Misure ad hoc

Risulta quindi evidente, viste le sue caratteristiche, che essa venga adoperata e ampliata nelle proprie funzioni per fronteggiare l’emergenza sanitaria trasbordata in emergenza economica. La BEI istituirà uno scudo di protezione per le società europee: un fondo di garanzia paneuropeo di 25 miliardi di euro. In collaborazione con istituti di credito locali e istituti nazionali, questo fondo di garanzia consentirà al gruppo BEI di aumentare il proprio sostegno alle PMI italiane ed europee nonché società a media capitalizzazione e imprese nell'economia reale. Questo stimolo si stima mobiliterà fino a 200 miliardi di euro.

Come funzionerà il fondo di garanzia? Il fondo di 25 miliardi sarà finanziato proporzionalmente alla quota della Banca che ogni Stato detiene, all’Italia spetta quindi una somma attorno al 16 percento.

Grazie alla garanzia che la Banca fornisce si evita il rischio di instabilità finanziaria nell’economia reale grazie a un supporto diretto agli istituti di credito nazionali, linfa questa che rimette in moto l’accesso al credito delle imprese. Insieme al Fondo europeo per gli investimenti, la banca avrà il compito di rimborsare le perdite. Qua entra la grande forza del sistema: essendo che tale sistema raggruppa il rischio di credito di tutta l’Unione europea (quindi condivisione del rating), il costo complessivo delle azioni di rimborso sarà molto ridotto rispetto ad azioni equivalenti a livello nazionale. Non ci sarebbe da stupirsi se questi timidi passi verso una valutazione propria del rating non possano in futuro fungere come apripista verso una agenzia di rating europea.

Come, dove e quando le aziende possono richiedere questi fondi?

Dato che i principali beneficiari saranno i soggetti privati finali dei singoli Stati che oggi versano in grave stato di rischio (ma che senza la pandemia soddisferebbero i requisiti per accedere al credito), gran parte del finanziamento sarà reso disponibile tramite intermediari finanziari in tutti i paesi dell'UE. Nelle prossime settimane la BEI renderà pubblica la graduatoria degli enti intermediari a cui le aziende potranno rivolgersi.

La maggior parte dei finanziamenti messi a disposizione sarà probabilmente richiesta dalle società degli Stati membri più colpiti e dai settori maggiormente colpiti. Il gruppo BEI non ha quote per paese fissate dai trattati, tuttavia l'obiettivo principale è una ripartizione equilibrata tra gli Stati membri.

Tuttavia, sarebbe improprio giungere rapidamente a conclusioni. La struttura stessa della Banca e la sua capacità di fuoco sono legate alle decisioni della Commissione europea, il quale a sua volta risente delle decisioni del Consilium, organo in cui i singoli Stati vagliano le azioni in gioco. Una analisi specifica che comprenda anche delle prospettive sul futuro più certe, necessita di attendere quindi l’esito dello scontro di interessi delle relazioni intergovernative fra Stati che avrà luogo il 23 aprile al Consilium.

 

SURE, LA CASSA INTEGRAZIONE EUROPEA (di Ricci Lorenzo)

Veniamo ora al SURE, letteralmente State support to mitigate unemployment risks in emergency, si tratta di uno strumento finanziario emergenziale introdotto dalla Commissione europea (unico organo indipendente dell’Unione) in queste ultime settimane, ad oggi in attesa di ratifica.

La sua funzione primaria è quello di coadiuvare gli stati nazionali nell'erogazione dei fondi per la cassa integrazione dei lavoratori. Partendo da 25 miliardi di garanzie comuni il fondo sarà in grado di emettere bond tripla A, per un ammontare totale di 100 miliardi di euro che verranno reindirizzati in una seconda fase agli stati europei in difficoltà sotto forma di prestiti a lunghissimo termine e con tassi di interesse ancorati alla solvibilità del fondo SURE; indi per cui molto stabili.

Ancora è da decidere se i 25 miliardi di base finanziaria verranno forniti dai singoli stati o verranno estratti dal bilancio comunitario. Per saperne di più su questo punto dovremmo attendere le decisioni dell’prossimo euro-gruppo di giovedì 23 aprile.

Per quanto riguarda la portata, la liquidità messa a disposizione dal fondo non sarà enorme, si tratterebbe infatti di qualche miliardo di euro per i paesi più grandi come l’Italia, nonostante ciò dovremmo accogliere l’introduzione di questo strumento come un segnale positivo di integrazione europea.  Il SURE prevede infatti una “forma primordiale” di mutualizzazione del debito, che lo renderebbe nella sostanza simile agli eurobond proposti dal presidente Conte nel corso del dibattito europeo.

Allo stesso modo il progetto francese del Recovery Fund prevede la mutualizzazione del debito futuro che gli Stati europei saranno costretti a contrarre nell'ambito dell’emergenza Covid-19, e la conseguente emissione di titoli a basso rischio con tassi di interesse stabile poiché ancorati alla credibilità comunitaria del fondo emittente. Nel dibattito europeo la discussione è ormai totalmente travisata a causa dell’emergenza Covid-19 sulla scarsa capacità di indebitamento legata alle problematiche di solvibilità/credibilità degli Stati più “spendaccioni” del sud; l’Italia ad esempio non può indebitarsi sul mercato dei titoli poiché ad oggi il costo dell’indebitamento sarebbe stellare, lo stesso vale per molti dei partner europei che si sono schierati al fianco della Francia e della stessa Italia all'interno di questo dibattito. Il Recovery Fund come il SURE, andrebbero visti come strumenti adottati in via emergenziale che però nel lungo termine potrebbero essere rimodulati in chiave riformista come veri e propri Eurobond: come fossero dei cavalli di Troia capaci di forzare la cortina fiscale dei paesi del nord Europa e condurre l’Unione verso un sistema di fiscalità comune sempre più integrato.

 

CIVITAS EUROPA – Divisione economia Raspanti Riccardo, Scipione Andrea, Verdoliva Alessandro, Ricci Lorenzo

 

 

Note:

[1] consultabile in lingua italiana a questo link: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2020-0054_IT.pdf

[2] Parlamento Europeo, Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2020 sull'azione coordinata dell'UE per lottare contro la pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze (2020/2616(RSP), paragrafo 19

[3] ibidem

BEI: https://www.eib.org/en/about/initiatives/

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