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Le ragioni dietro la guerra nel Caucaso. Analisi strategica del conflitto Armenia - Azerbaijan

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Analisi strategica del conflitto Armenia - Azerbaijan

Guerra o schermaglia nel Caucaso?

Il Nagorno Karabakh è una regione geograficamente sita nell'attuale Azerbaigian ma popolata quasi esclusivamente da armeni fin dai tempi dell'Impero Romano.

Dopo la tregua del 1994 in cui l'Azerbaijan vide la perdita del 20% del proprio territorio e la nascita della Repubblica di Artzakh a maggioranza armena e dopo la guerra dei quattro giorni nel 2016, il 27 settembre 2020 alle 12.05 si riaccendono le ostilità fra Armenia e Azerbaijan nella regione storicamente armena.

Un chiaro fallimento del Gruppo di Minsk che sulla questione opera da almeno trent'anni senza alcun risultato sostanziale, nonché un chiaro disinteresse dei Paesi Europei che stanno mancando l'occasione di creare una testa di ponte geostrategica nel Caucaso.

Risulta infatti chiaro che l'Armenia aveva tutto l'interesse di normalizzare l'esito bellico del 1994 mantenendo lo Status Quo e risulta irrealistico credere che abbia riaperto lei stessa le ostilità.

Altrettanto chiaro è l'interesse della Turchia nel destabilizzare una regione che per la Russia è sempre stata problematica.

L'Armenia è infatti alleata della Russia e l'Azerbaijan è invece etnicamente gemellata alla Turchia.

Il Gruppo di Minsk, presieduto da Russia, USA e Francia è una struttura di lavoro creata nel 1992 dalla Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa e dal 1995 con lo specifico scopo di incoraggiare una soluzione pacifica e negoziata dopo la guerra del Nagorno-Karabakh.

Si sta per riaccendere un conflitto dalle sembianze siriane?

"Turchia e Russia con i rispettivi alleati: Erdogan e Aliyev; Pashinyan e Putin"

La dimensione del conflitto.

Il conflitto oggi ha luogo nel Nagorno-Karabakh, una enclave a maggioranza armena, de iure azera de facto armena. Il conflitto non ha luogo lungo il confine che delimita Armenia ed Azerbaijan.

In questa enclave, in seguito al referendum del 1994, è nata una repubblica secessionista detta Repubblica di Artzakh, la cui nascita coincise con il termine della guerra Armenia-Azerbaijan. Una fictio iuris, a tutti gli effetti: l’Artzakh è uno Stato fantoccio armeno che governa una enclave abitata da armeni ormai da secoli, prima ancora che esistesse l’Azerbaijan. Essendo una enclave, l’Armenia e l’Artzakh si sono unite occupando illegalmente, dal 1994, il lembo di terra azera che le separava.

La capitale dell’Artzakh è Stepanakert.

 

Profilo degli attori confliggenti.

Armenia – Classificata come regime ibrido (indice 5,54), senza sbocchi sul mare, accerchiata da rivali turanici (turchi e azeri) i quali la considerano un male regionale da estirpare, si considera una civiltà europea ed è custode di una delle più antiche chiese cristiane istituzionalizzate. Vive grazie all’industria tecnologica e ai trasferimenti effettuati dai più di 10 milioni di armeni emigrati nel mondo in seguito al genocidio del 1915. Ha di recente avuto un cambio di regime in senso progressista e democratico per mano dell’ex giornalista Nikol Pashinyan. "Nikol Pashinyan, ancora nelle vesti di giornalista, che contesta il suo predecessore Serzh Sargsyan nel 2008"

Mantiene il controllo de facto delle aree azere circostanti il Nagorno-Karabakh fin dalla tregua del 1994. E’ fortemente interessata allo Status Quo e alla totale normalizzazione de iure del suo controllo de facto sulle aree occupate. Non ha alcun incentivo allo scoppio di un conflitto nell’Artzakh, ma potrebbe avere un incentivo a portare la guerra lungo i propri confini per obbligare la Russia ad intervenire in sua difesa qualora le sue capacità militari si dovessero dimostrare fallimentari.

Carta quest’ultima che vedrebbe la Russia costretta a scendere in campo in una guerra che non vuole combattere.

Azerbaijan – Classificato come regime autoritario (indice 2,75), è composto da due zone geograficamente distaccate: una più grande parte centrale che si estende dal Mar Caspio fino al confine occidentale con l’Armenia e di una piccola enclave schiacciata fra Iran e Armenia più ad ovest. Ricca di giacimenti petroliferi, Baku è un esportatore di energia verso l’Europa e per farlo si avvale di oleodotti e gasdotti che transitano la Georgia bypassando l’Armenia sfociando direttamente in Turchia.

L’Azerbaijan da solo non può andare lontano. Nonostante una spesa militare maggiore più del doppio rispetto a quella armena, il presidente azero Ilham Aliyev non può fare molto: l’Armenia è un alleato militare della Russia, la quale possiede una base militare proprio a Yerevan. In considerazione di ciò si può prevedere che il conflitto rimanga arginato al solo Nagorno-Karabakh. Qualora si dovesse estendere a zone di diretto contatto fra Armenia ed Azerbaijan l’escalation potrebbe avere risvolti imprevisti e molto destabilizzanti per la zona. In quel caso, l’Artzakh verrebbe messo da parte e il conflitto coinvolgerebbe in primis la Russia, formalmente alleata dell’Armenia e la Turchia dietro le quinte, che non schierandosi mai in prima persona (vedere Siria), cercherebbe di penetrare sempre di più in Azerbaijan riprendendo controllo sugli sbocchi del Mar Caspio.

 

Contesto Geopolitico – Regione a scarso livello di integrazione istituzionale, alta frammentazione, alta propensione alla risoluzione bellica.

Il Caucaso presenta molte fratture storiche di origine etnica fra ben 6 nazionalità principali: Armeni, Azeri, Turchi, Russi, Georgiani e Iraniani. E’ stata teatro di innumerevoli atti di violenza, da prima del genocidio armeno a dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica.

E’ interesse oggi di Ankara destabilizzare l’area per ottenere un duplice vantaggio: 1) riproporre uno scenario bellico analogo a quello siriano per obbligare la Russia ad aprire un nuovo dispendioso fronte e magari poter avanzare richieste per Idlib nel nord della Siria; 2) per penetrare nel Caucaso: la Turchia ha interesse nell’aizzare l’Azerbaijan e nel corrergli in soccorso, in quanto così facendo, aumenta la propria influenza su Baku. La Turchia ha interesse a rimare il più possibile in Azerbaijan. Ankara adduce alla legittimità di un attacco preventivo contro l’Armenia in quanto quest’ultima potrebbe attaccare le condutture di gas che attraversano la Georgia. Tuttavia, non esiste incentivo per cui l’Armenia debba attaccare proprio adesso e risulta strano che se queste fossero state le intenzioni essa non lo abbia fatto prima che gli azeri si arricchissero per decenni con i proventi degli idrocarburi. Oggi, avrebbe un senso limitato portare avanti una azione del genere visto il suo interesse primario nel cristallizzare e normalizzare la vittoria del 1994. Ha senso invece considerare Erdogan un attore molto coerente e preciso che, così come persegue la propria politica di ampliamento marittimo (Mavi Vatan) sul Mediterraneo cercando di spezzare il cordone Egeo e il cordone Grecia-Cipro, allo stesso modo cerca di rendersi un attore imprescindibile.

 

Un attore imprescindibile è quel soggetto politico internazionale che mediante fortuna geografica o virtù strategica si rende necessario, avvalendosi o di una geografia favorevole, o di una abilità di deterrenza militare o di ricatto. Ed è su entrambi questi tre fronti che la Turchia preme: la sua posizione geografica la incentiva a cerca di diventare uno snodo centrale per il commercio fra Asia, Africa ed Europa. Nessun Paese al mondo è geograficamente meglio sito della Turchia per poter servire tre continenti allo stesso tempo. La Turchia può farlo, motivo per cui, avere una roccaforte in Azerbaijan è perfettamente coerente con la strategia di porsi indispensabilmente e irrevocabilmente al centro. La deterrenza militare la sta attuando in Siria e in Libia per tenere a bada russi, egiziani, greci e francesi; mentre il potere di ricatto lo sta strutturando con molta dovizia nei confronti dell’Unione Europea, inizialmente intrappolandola nella gestione della crisi dei flussi migratori e ora cercando di accaparrarsi il monopolio dei gasdotti est-ovest che collegano il Mar Caspio all’Europa.

Un’asse europea che parta da Atene e arrivi a Yerevan, è oggi la priorità geopolitica numero 1° dell’Unione Europea per chiuder ed escludere la Turchia dai giochi, prima che sia troppo tardi per l’Europa Mediterranea e per tutta l’Unione appresso.

Sintesi in pillole.

CHI HA AVUTO INTERESSE AD INIZIARE L’OFFENSIVA SU LARGA SCALA? Baku.

CASUS BELLI: Riprendere controllo dei territori azeri abitati e controllati dagli armeni.

CHI HA INTERESSE ALLA SOLUZIONE DIPLOMATICA? Yerevan.

CHI HA INTERESSE A PORSI COME INTERLOCUTORE PRIVILEGIATO? Ankara.

QUALI SONO GLI OBIETTIVI RETROSTANTI L’AGGRESSIONE? Estendere l’influenza turca sul Caucaso meridionale avvalendosi dell’Azerbaijan e aprire un nuovo fronte alla Russia così da obbligarla a scendere a compromessi in Siria per Idlib.

LO SCONTRO TROVERA’ UNA SOLUZIONE DEFINITIVA PER VIA DIPLOMATICA? No, lo scopo è proprio quello di aumentare il conflitto e destabilizzare la zona.

PERCHE’ IL NEGOZIATO DEL GRUPPO DI MINSK NON HA PORTATO RISULTATI SODDISFACENTI? Baku ha posto come conditio sine qua non la totale annessione del Nagorno-Karabakh; Yerevan ha posto come conditio sine qua non di non porre in essere una qualsiasi misura che possa fungere da anticamera per il dislocamento etnico degli armeni dal Nagorno-Karabakh.

 

"Atəş! (Fuoco!) videoclip metal propagandistico azero per sponsorizzare le attività militari contro l'Armenia"

 

CIVITAS EUROPA - Divisione Relazioni Internazionali Dr. Verdoliva Alessandro

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