Joe Biden 46, fine della rivoluzione trumpiana?
"Potremmo anche essere avversari, ma non siamo nemici, siamo americani" - Joe Biden
Joe Biden è il presidente eletto degli Stati Uniti d'America. Sebbene il numero preciso di grandi elettori guadagnati sia ancora sconosciuto, di certo c'è che il numero di voti a suo favore costituiscono un record assoluto, con un incremento significativo di voti dai bianchi e da certe sfere repubblicane. Donald Trump perde in molte zone dove invece nel 2016 aveva trionfato.
L'ipotesi di brogli non può mai escludersi, ma le teorie complottiste finora avanzate risultano essere infondate. Il voto per corrispondenza in alcuni Stati sarà valido ancora fino al 23 novembre (ad esempio lo Stato di Washington), quindi non esiste nessuna legittimazione al "Stop the count" indetto da Trump.
Ma cosa significa una vittoria di Biden? Chi è Biden? Fra la narrazione semplificata, o l'immaginario collettivo, e la realtà dei fatti c'è molta differenza. Definire Biden un "uomo di sinistra" (nonostante la crescente polarizzazione a sinistra dei Dem) risulta ancora oggi un abominio.
Joe Biden si distingue infatti per essere un fervente pro-Israele, egli stesso si autodefinisce "sionista". Egli è stato un membro del NRA (National Rifle Association), la lobby delle armi americane, lavorando per le loro istanze. Nel 2002 appoggiò una timida regolamentazione delle armi d'assalto. Egli stesso possiede due fucili a pompa. Ancor prima, nel 1986, Biden supportò il FOPA (Firearm Owner Protection Act), a tutela dei diritti dei possessori di armi da fuoco.
Biden supportò nel 2003 il Partial-Abortion Act, una legge che vieta l'esecuzione dell'aborto tardivo.
Nel 1994 presenta una legge che porterà il suo nome, la Biden Crime Law, che incrementa i fondi e il potere di intervento delle forze dell'ordine, apre i registri dei molestatori sessuali e muta in termini espansivi le condizioni legate alla pena capitale (federal death penalty), nonostante in futuro Biden si applicherà per una graduale rinuncia della pena capitale.
Biden si distingue anche per il soprannome di "drug-warrior": la sua netta posizione proibizionista mira a rendere illegale anche la Marijuana per scopi ricreativi e nel 2006 supporta il Secure Fence Act, cioè una legge atta a costruire una recinzione al confine col Messico per evitare trasmigrazioni incontrollate.
Da fervente uomo anti-droga, le critiche a Trump sul famoso muro non sono di merito ma di metodo: il muro di Trump è troppo costoso e non impedisce né l'immigrazione clandestina né il traffico di stupefacenti.
Abituati alle facili retoriche mediatiche, questa di Biden sembra la descrizione di un uomo di Fratelli d'Italia. Ma non è così. L'America è l'America e ogni nazione ha i propri assetti valoriali, per alcuni di noi, forse, inassociabili alla "sinistra".
La presidenza Trump è così giunta al termine. La politica rivoluzionariamente occlusa e revisionista del tycoon ha avuto enormi effetti (in)desiderati sulle relazioni internazionali: una ritrovata compattezza Europea che ha resistito all'ondata populista e alla Brexit, l'emergere di un mondo multipolare con ASEAN, Cina ed Europa nuovamente nuovamente attori di rilievo geopolitici.
L'elezione di Biden probabilmente riaccorcerà le distanze tra le due sponde dell'Atlantico, ma ciò potrebbe avere conseguenze negative per gli europei. Essi perderanno margine di manovra nei confronti dell'Iran, della Russia e della Cina mentre il vassallaggio Washington-Bruxelles verrà confermato. Al contrario, altri quattro anni di presidenza Trump, ovvero di conflitto euro-americano, sarebbero stati un'occasione per l'Europa per adottare una postura autonoma in politica internazionale.
CIVITAS EUROPA - DIVISIONE RELAZIONI INTERNAZIONALI
Dr. Verdoliva Alessandro
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