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Il sogno illiberale di Orban allontana l'Ungheria dall'Ue

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Il conferimento di poteri speciali al primo ministro ungherese Viktor Orban da parte del parlamento, ufficialmente per affrontare l'emergenza sanitaria, è solo l'ultimo capitolo di una vicenda iniziata nel 2010. Dieci anni fa, quando tornò a ricoprire l'incarico di primo ministro, Orban avviò un processo politico che è consistito di fatto nel progressivo allontanamento dell'Ungheria dai valori della democrazia liberale e dello stato di diritto, valori che sono alla base del processo d'integrazione europea. Il deterioramento delle libertà di stampa ed espressione, che si è concretizzato nella monopolizzazione del settore mediatico da parte del partito di Orban (Fidesz) o di oligarchi ad esso vicini, è uno degli aspetti più allarmanti di questa vicenda. In merito a ciò abbiamo recentemente pubblicato un articolo che potete leggere cliccando qui.

Un altro aspetto preoccupante riguarda l'indipendenza della magistratura. Tra il 2010 e il 2018 Orban ha mandato a casa 400 giudici, minando la loro inamovibilità e rallentando i tempi medi della giustizia ungherese. Ha inoltre istituito dei tribunali amministrativi paralleli, alle dirette dipendenze del potere esecutivo, per quanto concerne le leggi elettorali, la corruzione e la libertà di manifestazione.

Orban non si è però limitato a smontare la democrazia liberale ungherese con i fatti. Egli ha elaborato una teoria per sostenere la sua azione, ha individuato un orizzonte verso cui tendere, ha sviluppato una narrazione per legittimare un progetto politico antitetico rispetto ai valori fondanti dell'Unione Europea.

Il primo ministro ungherese enunciò per la prima volta la sua visione nel luglio 2014, in occasione del 25° Bálványos Summer Free University and Student Camp, evento che solitamente utilizza come palcoscenico per i discorsi ad effetto. Secondo Orban, la crisi economico-finanziaria del 2008 ha palesato l'obsolescenza della democrazia liberale. Essa, avrebbe fatto il suo tempo e quindi per essere competitivi nell'arena economica globalizzata occorre cambiare. “Dobbiamo affermare che una democrazia non deve necessariamente essere liberale. Anche se non è liberale, uno stato può comunque essere democratico” esclamò Orban, il quale procedette poi ad elencare i fallimenti della democrazia liberale ungherese. Essa fu accusata di non aver difeso l'interesse nazionale, i beni della comunità, le famiglie, e non sarebbe riuscita ad impedire che l'Ungheria affondasse nei debiti.

Orban prosegue affermando che, alla luce degli ottimi risultati ottenuti da Fidesz nelle elezioni parlamentari del 2010 e del 2014, il partito ha ricevuto il mandato di ricostruire lo stato ungherese. “Il nuovo stato che stiamo costruendo in Ungheria è uno stato illiberale, uno stato non liberale. Non rifiuta i princìpi fondamentali del liberalismo come la libertà, e potrei citarne altri, ma non fa di questa ideologia un elemento centrale dell'organizzazione statuale”. Orban annunciò che “la riorganizzazione dello stato ungherese è in corso, in contrasto con la logica dello stato liberale degli ultimi vent'anni. Tale riorganizzazione dello stato si basa sugli interessi nazionali”.

Nel 2018, in occasione della 29° edizione del medesimo evento, Orban puntellò la cornice concettuale del suo progetto politico, aggiungendo l'elemento religioso. Dopo aver espresso un giudizio critico del ventennio 1990-2010 (“due decenni caotici di transizione”), il primo ministro sottolineò la sua determinazione a creare “un sistema politico basato su radici nazionali e cristiane”. Nazione e religione sono quindi i due pilastri su cui egli vuole costruire il nuovo stato ungherese.

Nel suo discorso del 2018 Orban attacca apertamente l'Unione Europea. “Dobbiamo renderci conto del fatto che i leader dell'Europa sono inadeguati, e che sono stati incapaci di difendere l'Europa dall'immigrazione. L'elite europea ha fallito e la Commissione Europea è il simbolo di questo fallimento”. Il capo di Fidesz prosegue accusando l'Unione Europea di aver rigettato le sue radici cristiane e di aver creato una “società aperta” senza confini in cui gli immigrati potranno sostituire gli europei. In sostanza Orban accusa l'Ue di sponsorizzare l'immigrazione. Per giunta afferma che “in Europa occidentale non c'è democrazia” in quanto “censura e restrizioni alla libertà d'espressione sono diventati fenomeni comuni”.

Il discorso culmina con l'enunciazione di un concetto in apparenza nuovo, ma che è in realtà un'elaborazione più precisa della democrazia illiberale. È il concetto di “democrazia cristiana”. Essa dovrà sostituire la democrazia liberale. “Lasciateci dichiarare con sicurezza che la democrazia cristiana non è liberale. La democrazia liberale è liberale, mentre la democrazia cristiana, per definizione, non è liberale. Essa è illiberale”. Questi due sistemi vengono poi paragonati. “La democrazia liberale è a favore del multiculturalismo, mentre la democrazia cristiana dà priorità alla cultura cristiana; questo è un concetto illiberale. La democrazia liberale è a favore dell'immigrazione mentre la democrazia cristiana è contro l'immigrazione; di nuovo, questo è un concetto genuinamente illiberale. E la democrazia liberale è a favore di modelli familiari flessibili mentre la democrazia cristiana si basa sulle fondamenta del modello cristiano di famiglia; ancora una volta, questo è un concetto illiberale”.

Nel suo discorso del 2019 Orban si compiace per il risultato dei partiti populisti di destra alle elezioni europee e attacca ancora una volta l'Ue e gli schieramenti politici che la sostengono.

In particolare, ce l'ha con i liberali, i quali secondo lui, oltre ad odiarlo, sosterrebbero l'immigrazione insieme a George Soros. Nei liberali Orban vede anche il nemico della libertà cristiana all'interno dell'Ue, mentre il nemico esterno è costituito dagli immigrati. Per il resto ripete quanto già detto l'anno precedente: il suo obiettivo è costruire una democrazia cristiana illiberale in Ungheria.

Orban che attacca a viso aperto l'Unione Europea e i valori su cui essa si basa è come un cane che morde la mano che lo nutre. Infatti a finanziare l’economia magiara ci pensa il bilancio dell’Unione Europea. Nel 2016 Budapest ha contribuito al bilancio dell’Unione con 924 milioni di euro e ha ricevuto 4,5 miliardi di euro. Vanta quindi un saldo di 3,6 miliardi, che è pari al 3,2% del PIL. Ovviamente a pagare sono stati i cittadini europei.

I problemi veri, per l’Ungheria, arriveranno nei prossimi anni, quando i fondi Ue cominceranno a rallentare e l’economia magiara dovrà cavarsela da sé, con forze proprie che non sono all’altezza degli altri Stati del gruppo Visegrad. La produttività resta bassa e la manodopera è sempre più scarsa, con una offerta di lavoro nettamente inferiore ai paesi confinanti. In virtù della scarsità di manodopera e del “niet” ai lavoratori stranieri, Orban ha aumentato le ore massime di straordinari lavorativi da 250 a 400 ore annue, legge definita dagli ungheresi come “legge schiavitù”. Il forint, la valuta nazionale, ha una inflazione pari quasi a quella della crescita del prodotto interno lordo. Questa condizione àncora il futuro di Budapest in modo non indifferente, alle sorti dell’euro e quindi alle sorti di quel progetto liberale che Orban tanto osteggia.

Fondata o infondata che sia la linea di pensiero di Orban, le perplessità vengono sollevate dal fatto che un paese come l’Ungheria, il cui debito verso l’estero è ancora molto elevato (debito quindi nei confronti di cittadini di altri stati), predichi contro il liberalismo che tutt’oggi arricchisce le casse di Budapest. Infatti, si parla di un paese che è un beneficiario netto dei contributi europei (ricordiamoci che più del 60% della spesa pubblica di Budapest è sovvenzionata con contributi europei, quindi anche dei contribuenti italiani). Non sarebbe quindi auspicabile che Budapest provveda da sé, con la propria fragile economia, ad implementare il proprio progetto illiberale, piuttosto che continuare ad intascare i soldi dei contribuenti degli altri stati membri che lo stanno sovvenzionando?

Che Orban creda veramente in tale progetto o che si tratti solo di uno strumento per legittimare la sua presa sul potere non è rilevante. Ciò che conta è che le politiche intraprese dal primo ministro ungherese negli ultimi anni sono effettivamente illiberali. Nelle restrizioni alle libertà di stampa ed espressione c'è poco cristianesimo e molto illiberalismo. Ungheria ed Unione Europea sono in rotta di collisione. Le politiche di Orban sono palesemente in contrasto con i valori su cui si fonda l'Ue, è egli stesso a dirlo. È giunta l'ora che le istituzioni europee, ma soprattutto gli stati membri, si attivino per fermare il primo ministro ungherese e costringerlo a ritornare sui suoi passi. Altrimenti qualsiasi narrazione europea basata sulla condivisione dei valori dello stato di diritto e della democrazia liberale entrerebbe in contraddizione. L'Unione Europea, da comunità politica fondata su valori e interessi condivisi, verrebbe declassata a mera unione economica e doganale. Dopo anni di crisi e difficoltà, questo sarebbe un altro, durissimo colpo per il progetto europeo.

 

CIVITAS EUROPA – Divisione Relazioni Internazionali

Massimiliano Palladini; Alessandro Verdoliva

 

 

Fonti

“Prime minister Viktor Orban's speech at the 25th Bálványos Summer Free University and Student Camp”, kormany.hu, 30 luglio 2014. Ultimo accesso 10 aprile 2020.

“Prime minister Viktor Orban's speech at the 29th Bálványos Summer Free University and Student Camp”, kormany.hu, 29 luglio 2018. Ultimo accesso 10 aprile 2020.

“Prime minister Viktor Orban's speech at the 30th Bálványos Summer Free University and Student Camp”, kormany.hu, 29 luglio 2019. Ultimo accesso 10 aprile 2020.

“Straordinari per 400 ore all'anno: l'Ungheria in piazza contro Orban”, corriere.it, 17 dicembre 2018. Ultimo accesso 11 aprile 2020.

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