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Il senso dell’Unione Europea: un’analisi strategica della geopolitica alla base dell’integrazione degli Stati sovrani.

Post Cover - Il senso dell’Unione Europea: un’analisi strategica della geopolitica alla base dell’integrazione degli Stati sovrani.

Nel mezzo della crisi internazionale del Coronavirus Covid-19 tornano in auge i dubbi sull’efficacia e sul funzionamento delle organizzazioni internazionali, soprattutto del nostro rapporto con i partner europei e con l’Unione Europea. Con questo approfondimento intendiamo aprire una rubrica dedicata proprio all’Unione Europea cercando di capire quale sia la sua storia, quali siano i motivi delle restrizioni agli Stati Nazionali, quali siano i suoi modus operandi e quali potrebbero essere le alternative.

  • Perché è nato il processo di integrazione europea?
    Fra Altiero Spinelli e la necessità geopolitica, quale ha prevalso?

Durante il secondo conflitto mondiale, a Ventotene venivano poste le basi morali di quella che sarebbe dovuta essere una Europa post-bellica pacifica e prospera. L’unica soluzione sembrava essere una unione di forze fra i vari popoli europei. Questo testo prese il nome di Manifesto di Ventotene.
Finita la guerra contro l’Asse, le potenze Alleate si ritrovarono a doversi dividere l’Europa, ormai del tutto inconsistente. Ed è proprio qui che iniziano a prendere piede le iniziative che portarono a una graduale condivisione della sovranità degli europei. Ma perché accadde? Può tutto essere spiegato come un buon intento solidale e col manifesto di Ventotene?
In realtà i motivi che portarono al rafforzamento dell’Europa e alla sua graduale unione furono di natura prettamente geopolitica, più nello specifico determinate dalle dinamiche bipolari che si andavano a delineare nello scenario di nascente guerra fredda fra gli Alleati.
Lo scopo dell’Occidente fu quello di fermare con ogni mezzo possibile il dilagare dei movimenti socialisti in Europa e per poterlo evitare fu introdotto il concetto di “containment” sui cui ci concentreremo nelle prossime analisi.
Col containment, da un lato l’Europa venne sgravata dai costi di mantenere un apparato militare, potendo investire i ricavati del Piano Marshall in piani di ricostruzione, infrastrutture e Welfare; il tutto in ottica anti-sovietica. Dall’altro l’Europa veniva posta sotto il controllo de facto di Washington, che aveva ormai il predominio sulle relazioni internazionali. 

Ed è proprio in questo contesto che abbiamo i primi passi: dalla sovranità condivisa in materia di carbone e acciaio (CECA), alla creazione della Corte Europea dei diritti umani (primo grande esempio nella storia in cui i cittadini diventano soggetti del diritto internazionale), alla creazione dell’agenzia condivisa per la tecnologia nucleare (Euratom). Lo scopo congiunto del containment era impedire un nuovo scontro fra le potenze continentali di Francia e Germania.
Le esigenze politiche e le forze internazionali che hanno dunque spinto all’Unione e alla condivisione di sovranità sono quindi sostanzialmente tre. In primis abbiamo la volontà americana di creare un cuscinetto europeo forte, in cui il benessere sociale potesse arginare il rischio di contagio socialista, ed in questo scenario che va ricollocato il piano di ricostruzione Marshall. In secondo luogo, abbiamo l’esigenza di evitare un riaccendersi dei conflitti ed evitare un secondo disastro sulla scia del fallimento di Versailles.
In quest’ottica la Germania non poteva essere punita più di quanto già non fosse stata nel 1919 e venne quindi aiutata nella ricostruzione, seppur desovranizzata. Il concetto basilare in principio di ciò è che non può esistere un mondo senza Europa e non può esistere Europa senza Germania, specialmente se questa potesse servire come scudo contro l’espansione sovietica verso ovest.
E in terzo punto, abbiamo il risultato delle prime due: un continente che si riprende rapidamente dalle macerie godendo di uno status di sicurezza militare elevato a costi irrisori con una sovranità però al quanto ridotta. 

Ciò ha permesso rapidamente all’Europa standard elevati di crescita, ricchezza e benessere, pur perdendo 

totalmente il proprio peso sullo scacchiere internazionale. Qui entra in gioco la NATO.
Non si può parlare di Europa post-bellica senza legarla intrinsecamente a quello che è stato l’organo che ha tutelato la difesa e l’attuazione del containment

L'Europa non può dirsi nata per volontà esclusivamente propria, bensì principalmente come bilanciamento di potere in un rapporto di forza nel conflitto fra Stati Uniti d’America e Unione Sovietica.
Anche in questo caso, le regole del conflitto sono state determinanti nel dettare la futura forma della società europea.

  • - La sovranità come vettore di democrazia. Qual è la volontà alla base del trasferimento della sovranità?

E’ bene fare un distinguo fra il termine trasferimento di sovranità e riduzione della sovranità.
La differenza sostanziale trova la propria importanza nell’esistenza della democrazia. L’efficacia della democrazia è infatti dipendente dalla sovranità. E’ la sovranità di una istituzione che ne esprime la democrazia. Attenzione però, la sovranità è una condizione necessaria ma non sufficiente per l’esistenza della democrazia: può esistere una sovranità non democratica, ma non può esistere democrazia senza sovranità. 

Ed è proprio in virtù di questo che parlando di integrazione europea, illustrare il fenomeno della sovranità avvalendosi del termine “riduzione” di sovranità è oggetto di distorsione. Lo scopo dell’integrazione europea è invece quello di trasferire la sovranità dagli Stati-Nazione verso le istituzioni europee, in modo tale da rimpiazzare il vecchio vettore di sovranità con quello nuovo. La sovranità, e quindi la democrazia, non vanno ridotte, bensì riorganizzate modificando l’istituzione che le esprime e le organizza.
Per portare a compimento questo fenomeno, interrotto da Francia e Paesi Bassi nel 2005, devono essere gli Stati che liberamente scelgono di rinunciare a questa sovranità, trasferendo la legittimità democratica conferitagli dai propri cittadini alle istituzioni europee. Oggi l’Unione europea non è organo autonomo e sovrano: si basa sugli Stati membri, e ogni suo successo o fallimento dipende esclusivamente da essi.

In virtù del fatto che l’Unione Europea è una semplice sommatoria delle scelte dei singoli Stati, le sue lentezze raramente possono esserle unilateralmente attribuite: nei processi decisionali europei vige il principio di unanimità, secondo cui se tutti i singoli Stati non concordano sulle misure da intraprendere, l’organismo europeo si blocca, non per volontà propria, ma per riflesso delle politiche ostruzioniste nazionali.

- Europa verso il potere statutario. Un’analisi strategica fra contraddizioni interne e necessità di forza.

**Come si uniscono gli Stati?
**Se ogni Stato oggi esistente è frutto di una guerra, ad eccezione dell’Africa i cui Stati sono stati ritagliati e recapitati al destinatario già preincartati, non sempre la logica che ha portato a questa nascita è stata la medesima.

Bisogna infatti fare un distinguo fra gli Stati sorti da movimenti intestini e sistemi di dominio precedenti (vedere la nascita della Russia dalle viscere del Khanato), o gli Stati nati in opposizione a nemici esterni (vedere la nascita di Spagna e Portogallo in virtù dell’opposizione al Califfato andaluso), Stati sorti dalla secessione da un rispettivo nucleo di potere (esempio di Irlanda e Stati Uniti), Stati sorti dalla decolonizzazione (Stati africani) o addirittura Stati sorti dall’unione di unità statali preesistenti (vedere l’unificazione tedesca e italiana).
Se in tutte queste variabili, la costante in comune è il conflitto atto ad instaurare un monopolio della forza, i termini e le dinamiche del conflitto cambiano da scenario a scenario.

Intanto per poter parlare di statutarietà, cioè il livello di istituzionalizzazione e consistenza di un sistema atto ad esercitare il monopolio della forza, bisogna capire quali siano le caratteristiche che definiscano lo Stato.
Lo Stato è un sistema organizzativo del potere collettivo, pubblico, il quale per sussistere necessita dei tre elementi fondamentali, che sono: il monopolio della forza legittima, il territorio e la popolazione su cui questa forza legittima viene esercitata.

Se in uno scenario di mancanza di sovranità il risultato è un perenne conflitto, in uno scenario di perfetta statutarietà, il conflitto si riduce.

Questa premessa è necessaria per comprendere appieno i meccanismi che portano alla formazione di una entità statale sovrana.

Il caso dell’Unione europea risulta “sui generis”, ovvero extraordinario, un qualcosa di difficilmente se non impossibile da rintracciare nella storia. Si parla infatti di un insieme di Stati spinti ad unirsi non per senso di fratellanza o di comunione di intenti, bensì spinti ad unirsi per motivi di sopravvivenza.
In virtù delle differenze nazionali, linguistiche, politiche, economiche e soprattutto militari, onde evitare di decretare la fine materiale del Vecchio Continente, lacerato da due mostruose guerre intestine, si decise per un sistema di comune e reciproca limitazione. Questa limitazione, si chiama riduzione di sovranità.

Se quindi tutti gli Stati esistenti sono frutto diretto della guerra, il trasferimento di sovranità europeo, cioè l’unione graduale di tutte le entità nazionali comunitarie, sta avvenendo a posteriori.
Sta avvenendo dopo la guerra e anzi, proprio per evitare la guerra.

Lo scopo è quindi quello di mettere allo stesso tavolo, potenze eternamente belligeranti e convogliare il conflitto dalla trincea ai trattati.
Le tappe future dell’unificazione sono quindi del tutto ignote, dato che si sta parlando di una unione sui generis su cui non esistono precedenti storici.

Prendiamo ad esempio due casi, Stati Uniti e Germania. Che modelli hanno usato e di quali meccanismi si sono avvalsi per ottenere il monopolio della forza (che ricordiamo, è l’elemento fondante di ogni Stato)?
Gli Stati Uniti d’America appartengono al caso di uno Stato nato per secessione, ma anche per Unione (confederale).
Infatti, si sta parlando di un insieme di diverse colonie autonome che hanno contemporaneamente compiuto due azioni determinanti: l’unione fra di esse e lo scorporamento da Londra. Quindi, anche se la prima caratteristica, quella dell’unione si avvicina al caso europeo, manca tuttavia il secondo fattore che è fondamentale, cioè lo scorporamento da Londra, che nel caso europeo non sussiste (pur risentendo notevolmente dell’influenza di Washington, oggi non esiste un vero e proprio nucleo di potere esterno che esercita il monopolio della forza sul Vecchio Continente).
Se pocanzi abbiamo ribadito che gli USA sono emersi da una secessione unita alla confederazione, possiamo tutt’ora dire che gli USA siano una confederazione?
La risposta è no. Infatti, dopo la confederazione di colonie e la secessione da Londra, era rimasto ancora in bilico una questione spinosa: chi esercita il monopolio della forza ora che Londra ne risulta estromessa?
Motivo per cui nacque la guerra civile, al termine del quale una parte vinse e una perse: non può esistere una dualità di potere dentro lo stesso territorio.
Gli USA di oggi possono essere classificati come uno Stato federale nato in due fasi fondamentali:
la fase confederale-indipendentista e la fase di conflitto interno per l’accaparramento del monopolio della forza, detto anche “sovranità”. Stessa sorte è stata riservata alla Svizzera, il cui processo di costituzione fondamentale per cui essa detiene le caratteristiche tutt’ora in vigore, è da far risalire alla guerra del Sonderbund del 1845-47, anno in cui da confederazione (cioè modello in cui un insieme di Stati resta unito sulla base di una comunione di intenti)  il Paese elvetico passò a federazione (cioè un modello in cui un insieme di Stati resta unito poiché esiste un nucleo terzo di potere, che detiene la sovranità sugli Stati 

federati).

“Nella confederazione lo Stato centrale è un par inter pares;
Nella
federazione lo Stato centrale è un primus inter pares

La Germania ha vissuto, per mano della Prussia, un altro stratagemma. Dopo le guerre napoleoniche nasce il sentimento nazionalista tedesco, incarnato dalle correnti romanticiste dello Sturm und Drang.
La Germania apparterrebbe a quella categoria di Stati nata in reazione all’invasione esterna?
Non proprio, in quanto il sentimento nazionale non creò di per sé lo Stato tedesco, anche se ne fu senz’altro una variabile importante.
Infatti il primo step di unione tedesca si ebbe con la creazione preliminare di una zona doganale unita in cui vi era libertà di scambio e di commercio nel 1834. Questa costellazione di statarelli germanici venne quindi raccolta in quella che si chiamò Zollverein (unione doganale). E dopo?
Il passaggio decisivo fu sempre quello della conquista del monopolio della forza da parte di un attore, in questo caso la Prussia. La strategia prussiana fu però mirata non alla guerra interna fra gli Stati dello Zollverein, bensì una guerra verso l’esterno. Il fautore di questa politica, Bismarck, operò tutte le forze necessarie per convogliare lo spirito di una Germania unita forte, creando a tavolino delle guerre con i paesi confinanti (Danimarca 1863, Austria 1866, Francia 1870) al fine di convincere tutti i componenti della Zollverein ad unirsi.

Quindi, anche qui, come per la creazione degli USA, abbiamo due fasi principali, che nel caso tedesco sono in primis l’unione doganale e in secondo luogo la creazione di un monopolio della forza posto in essere da un utilizzo strategicamente brillante da parte di Bismarck delle relazioni internazionali per creare una rete di azioni belligeranti volte a creare “col ferro e col sangue” una unione federale tedesca il cui monopolio della forza risiedeva a Berlino. Un percorso analogo si ebbe in Italia con l’unificazione, che portò 10 prima che in Germania, all’espansione del monopolio della forza su tutta la penisola da parte dello Stato Sabaudo, creando nel 1861 il Regno d’Italia.

  • La razionalità geopolitica della strategia europeista. Conflitto o cartello?

“Il cartello è una forma organizzativa caratterizzata dall’unione di due o più entità che si uniscono per evitare conflitti fra di essi stessi che potrebbero danneggiare irreparabilmente le rispettive organizzazioni. Da un punto di vista di scelta strategica, il cartello è una scelta che massimizza i benefici ma rappresenta una forma di cooperazione obbligata che risulta necessaria e razionale solo ed esclusivamente sotto l’effetto di minaccia. Quando infatti, uno o più componenti del cartello, escogita un metodo per poter ottenere un beneficio maggiore fuori da quel cerchio di cooperazione forzata senza ripercussioni tangibili, avrà la tendenza a deviare da quell’equilibrio di Nash che era stato posto in essere dalla creazione del cartello.In sintesi: il cartello è la condizione che massimizza i benefici e quindi diventa una scelta razionale, solo ed esclusivamente quando si ha un effetto di minaccia e dissuasione dall’agire diversamente. Questa dissuasione potrebbe essere per l’appunto, una situazione di guerre senza vincitori. In tutte le altre situazioni in cui è assente un potere deterrente e di minaccia, la scelta razionale è sempre il conflitto.”

In base a una prospettiva di analisi geopolitica in cui si dà per data la razionalità dei singoli attori, in uno scenario in cui è ampiamente e storicamente dimostrato che nessuno degli attori in campo detiene o ha mai detenuto la forza e la potenza militare ed economica per ottenere una totale sovranità sul Vecchio Continente (ricordiamoci che neanche Roma riuscì a mantenere sovranità totale su tutto il territorio europeo) la scelta razionale è esclusivamente una: la creazione di quello che in economia viene definito “cartello”, cioè l’unione di elementi forti abbastanza per annientarsi vicendevolmente ma non abbastanza forti da dominarsi l’uno sull’altro.

L'Unione, vista quindi da un punto strategico e razionale è l’unico antidoto a un perenne stato di guerra, in cui di certo si ha solo la mutua autodistruzione e mai, ribadiamo, storicamente mai, sia stato possibile determinare un unico monopolio della forza per via militare.

Vittoria di Pirro: una vittoria le cui conseguenze sono più disastrose di una sconfitta

Questa è la sfida dell’Unione Europea oggi: creare un cartello di Stati che si uniscono poiché troppo deboli per sottomettersi a vicenda ma troppo forti per vivere autonomamente senza ricorrere costantemente al conflitto armato, che nel migliore dei casi risulta in una vittoria di Pirro.

“Maggiore è il monopolio della forza, minore è il conflitto. Dato che una situazione di conflitto non porta in Europa alla creazione di alcuna entità statale sovrana, l’unica soluzione alternativa è la creazione di un cartello. La minaccia della vittoria di Pirro è il motivo per cui il cartello risulta essere in Europa una scelta razionale a discapito del conflitto.
Il nome di questo cartello Unione Europea: la più grande economia al mondo, lo spazio di libera circolazione più grande al mondo, il sistema istituzionale che più al mondo tutela i diritti civili, politici e dei consumatori.
L'Unione europea è una scelta dettata quindi da una realtà strategica, che ci deve però far sentire fieri di appartenere a una realtà che il mondo invidia, nonché essere strategicamente l’unica in grado di garantire una assenza di conflitto armato.”

La domanda sorge spontanea: non è possibile una permanenza della pace senza che vi sia una Unione?
Questo, da un punto di vista dell’analisi strategica, è del tutto impossibile. Infatti parlando di scelta razionale, l’unica scelta effettivamente razionale in uno scenario in cui è assente un potere sovrano o una reciproca deterrenza, è il conflitto.
Laddove manca la reciproca fiducia e mancano le garanzie che solo un potere terzo può offrire, l’unica via razionale è quella di adottare un sistema di autotutela, quindi ricorrere al conflitto nel nome della salvaguardia dei propri interessi e della propria sopravvivenza.
L’assenza di conflitto per il potere, in natura così come per l’essere umano, è possibile solo ed esclusivamente quando in campo entra un ente terzo sovrano che regola le parti e crea canali entro cui risolvere il divergere dei vari interessi nazionali. 

E la solidarietà europea? Si tratta di un elemento fondamentale ma non sufficiente.

CIVITAS EUROPA – Divisione Relazioni Internazionali
Dr. Verdoliva Alessandro

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