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Il pantano dell'Ucraina risucchia anche Macron

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Da qualche mese a questa parte, Macron è diventato l’alfiere dell’intervento diretto occidentale in Ucraina. Quello del presidente francese è un cambio di atteggiamento come minimo sorprendente. Fin dai mesi precedenti l’inizio dell’invasione russa, infatti, l’inquilino dell’Eliseo ha rimarcato la necessità di tenere aperti i canali di dialogo con il Cremlino, arrivando a dire che non bisogna umiliare la Russia in Ucraina [1].

Il voltafaccia macroniano può essere interpretato da almeno due prospettive: quella internazionale e quella interna. Dal punto di vista internazionale, il presidente francese potrebbe voler riempire il vuoto creato dagli Stati Uniti. Sebbene il Congresso abbia di recente dato il via libera a un nuovo e consistente pacchetto di aiuti all’Ucraina, la leadership statunitense della coalizione occidentale sembra vacillare a causa della campagna elettorale per le presidenziali di novembre. Più gli Stati Uniti si avvicinano alle elezioni, più il clima politico si fa incandescente. L’elettorato americano è interessato alle questioni interne più che a quelle internazionali. Di conseguenza i partiti concentreranno il confronto politico su questi temi.

In altre parole, la campagna elettorale impone ai partiti americani, specialmente ai democratici, il problema politico di giustificare gli aiuti all’Ucraina. Si tratta di miliardi di dollari che non solo potrebbero essere investiti nelle questioni domestiche, ma che addirittura non stanno dando i frutti sperati, visto che la controffensiva ucraina dello scorso anno è stata un fallimento.

Oltre a ciò, lo scenario dell’eventuale ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca sta destando parecchi timori nel Vecchio Continente. C’è la preoccupazione che l’impegno statunitense nei confronti dell’Europa e dell’Ucraina si riduca notevolmente. La Francia, in quanto principale potenza militare dell’Unione Europea, è la candidata più idonea a guidare i paesi europei nel caso di un ripensamento americano. Da questo punto di vista lo scatto in avanti di Macron è una mossa preventiva. Ventilando la possibilità di un intervento, il presidente francese dimostra la sua convinta adesione alla causa ucraina, facendosi trovare pronto nel caso Trump, dopo aver vinto le elezioni, decida di tagliare gli aiuti al paese aggredito.

Osservando le parole di Macron sotto la lente della politica interna, invece, viene quasi voglia di ridurle a boutade elettoralistica. In Francia Macron non sta passando un bel periodo: gli indici di gradimento sono bassi mentre i sondaggi in vista delle europee di giugno danno il Rassemblement National davanti a tutti. Assumendo una postura inflessibile nei confronti della Russia e non nascondendo l’ambizione di guidare la difesa europea, il presidente francese mira forse a ingraziarsi qualche elettore di destra, sebbene la guerra in Ucraina non sia certo una priorità per i francesi [2].

Tralasciando le interpretazioni delle affermazioni interventiste di Macron, rimane senza risposta l’interrogativo riguardante gli obiettivi politici che si intende raggiungere con l’intervento diretto. Finora il presidente francese è rimasto volutamente sul vago. Nella sua ultima uscita sull’argomento, Macron ha detto di non escludere l’invio di truppe nel caso la Russia sfondi il fronte. “Ho un obiettivo strategico chiaro: la Russia non può vincere in Ucraina. Se la Russia vince in Ucraina non ci sarà sicurezza in Europa” ha affermato il titolare dell’Eliseo [3].

Queste parole ripropongono il tema scabroso di definire in cosa consiste la vittoria della Russia e di conseguenza la sconfitta dell’Ucraina. È una questione di fondamentale importanza, eppure i politici e gli analisti sembrano ignorarla, rifiutandosi di dare una definizione. Si tratta di un rifiuto, con ogni probabilità, consapevole, poiché tale definizione è molto delicata dal punto di vista politico e rischia di creare degli attriti con il governo ucraino. In effetti dovrebbero essere i belligeranti a tracciare il confine tra vittoria e sconfitta.

Ipotizziamo, per quanto si tratti di un’eventualità al momento remota, che la Russia completi la conquista delle quattro regioni ucraine annesse unilateralmente nel settembre 2022. Sarebbe corretto, in tal caso, parlare di vittoria russa? Putin potrebbe rivendicare di aver onorato la promessa fatta il giorno dell’annessione ma comunque l’Ucraina, sebbene privata di una parte cospicua del suo territorio, manterrebbe intatta la sua indipendenza.

Inoltre, considerando gli obiettivi iniziali dell’invasione, come si potrebbe parlare di vittoria russa? Dietro l’ambiguità delle parole “denazificazione” e “demilitarizzazione” si nascondeva l’obiettivo del cambio di regime, come suggerito anche dall’appello di Putin ai generali ucraini all’inizio dell’invasione, quando chiese loro di deporre il governo [4]. Se prendiamo per buono questo obiettivo iniziale, la conquista di quattro regioni appare un misero ripiego. Le perdite territoriali, infatti, non impediranno a Kiev di continuare il suo avvicinamento all’Occidente.

Allo stesso tempo sarebbe difficile per gli ucraini cantare vittoria, dato che in più occasioni il presidente Zelensky ha affermato che il suo obiettivo è quello di liberare tutti i territori occupati. Riconoscere pubblicamente l’impraticabilità di questo obiettivo, pur essendo politicamente oneroso per Zelensky, non si tradurrebbe automaticamente in un’ammissione di sconfitta. L’Ucraina, seppur mutilata di parte del suo territorio, rimarrebbe indipendente.

Senza il totale annientamento di uno dei due belligeranti e senza la stipulazione di una resa sarà difficile decretare vincitori e vinti. Se tracciare il confine tra vittoria e sconfitta è un compito alquanto spinoso, i sostenitori dell’intervento diretto occidentale dovrebbero come minimo fare chiarezza sugli obiettivi politici che intendono perseguire. Inviare truppe in Ucraina con l’intenzione di contribuire al raggiungimento dell’obiettivo politico fissato da Kiev, ovvero la liberazione di tutti i territori occupati, sarebbe una decisione controversa, per usare un eufemismo. Infatti i vertici militari ucraini ne hanno ammesso implicitamente l’infattibilità. Solo Zelensky, all’apparenza, sembra crederci ancora.

Note

[1] Macron: “Non umiliare la Russia dopo la guerra”, it.euronews.com, 9 maggio 2022.

[2] Européennes 2024: Intention de vote et chiffres clès, ipsos.com, 29 aprile 2024.

[3] Macron reaffirms possibility of sending troops to Ukraine, france24.com, 2 maggio 2024.

[4] Samuel Osborne, Ukraine invasion: Putin urges Ukrainian military to overthrow country’s leaders, news.sky.com, 25 febbraio 2022.

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