Il MES ora è senza condizionalità: il Pandemic Crisis Support pone l'Italia di fronte ad una scelta.
Ora è ufficiale: per le spese sanitarie dirette e indirette sarà messa a disposizione degli stati una linea di credito del MES senza condizionalità. Lo ha confermato nella giornata di ieri proprio il board dell’istituzione.
Nel nostro paese, il Meccanismo Europeo di Stabilità rappresenta da tempo un argomento divisivo nell’arena del dibattito politico. Le polemiche degli euroscettici, ma non solo, sono riemerse tra novembre e dicembre dello scorso anno, durante la discussione per approvare la riforma dello strumento. La bufera scatenatisi su quello che sembrava un argomento affrontabile solo da tecnici del settore ha coinvolto tutto il panorama politico, sollevando un polverone nell’opinione pubblica italiana. Le oggettive difficoltà nel trovare una posizione comune all’interno del governo hanno contribuito a rimandare di qualche mese il termine per l’approvazione della riforma.
Il MES è tornato sulla bocca di tutti, almeno in Italia, proprio alcuni mesi dopo. Ma in un contesto molto diverso da quello che si sarebbe potuto immaginare a dicembre. La diffusione pandemica del Covid-19, infatti, ha spinto il ministro delle finanze Gualtieri, appoggiato dall’omologo spagnolo e da quello portoghese, a richiedere la creazione di una differente linea di credito per finanziare le spese sanitarie legate all’emergenza.
Il MES è uno strumento complesso[1], che negli ultimi anni ha finito per venire bollato negativamente da parte delle forze politiche emergenti. I cittadini sanno molto poco del MES: il dibattito solitamente si concentra sulle stringenti condizioni alle quali viene erogato il prestito.
In effetti, anche stavolta le condizionalità sono finite al banco degli imputati: la linea di credito a cui avrebbe potuto accedere l’Italia, la ECCL, è parsa esageratemente rigida e inadatta a fornire l’aiuto necessario ai paesi che volessero farne uso.
Così, lo strumento è stato aggiornato la scorsa settimana, con l’aggiunta della linea di credito denominata Pandemic Crisis Support. MES e Commissione hanno reso pubblico il template con cui gli stati potranno fare richiesta: nel documento[2] vengono indicate le spese sanitarie dirette e indirette come obiettivo di destinazione dei fondi prestati.
Si legge, in particolare, che le risorse possono essere richieste per “sostenere il finanziamento interno dell’assistenza sanitaria diretta e indiretta, i costi relativi alla cura e alla prevenzione dovuti alla crisi Covid-19”.
I paesi potranno utilizzare la linea di credito sanitaria per “spese eleggibili fino a un ammontare pari al 2% del PIL”. Per l’Italia si parla, quindi, di circa 37 miliardi di euro utilizzabili per acquistare mascherine, reagenti, tamponi, fornire i materiali necessari a rispettare il distanziamento sociale e risanare il Sistema Sanitario Nazionale messo a dura prova dalla pandemia, spendendo per migliorare gli ospedali già esistenti, sostenere il personale sanitario e per assumere nuovi professionisti.
Il nostro paese è quello che più sarebbe avvantaggiato dall’accesso al prestito: il rendimento dei nostri titoli di stato, infatti, rende molto alti i costi dell’indebitamento necessario a reperire fondi per fare fronte all’emergenza. Il tasso d’interesse dei BTP a 10 anni ha superato l’1,8%, rendendo molto oneroso per l’Italia trovare autonomamente fondi sul mercato. Il MES, invece, può ottenere risorse sui mercati ad un tasso vicino allo 0,15%: il Belpaese, che vanta il terzo PIL dell’Eurozona, ma anche il secondo più alto rendimento sui titoli di stato, potrebbe accedere a fondi consistenti con un notevole risparmio. Come ha evidenziato il Direttore generale del MES[3], Klaus Regling, per l’Italia si sostanzierebbe circa un risparmio di 7 miliardi di euro in interessi, nell’arco di un decennio. Il numero uno del Meccanismo Europeo di Stabilità ha anche ribadito che l’applicazione di condizionalità ai prestiti non è giustificabile, data la situazione di emergenza, né ora, né finita la pandemia. Regling, infine, ha dichiarato che il MES "guarderà alla situazione di bilancio di tutti gli Stati, ma il fatto che un Paese chieda il sostegno della linea MES non porterà a un monitoraggio speciale".
Nonostante le potenzialità dello strumento, soprattutto con queste condizioni e in un momento difficoltoso per le casse dello Stato, l’opposizione all’attivazione rimangono alte, sia tra forze dell’opposizione che della maggioranza.
Si teme, ad esempio, che il ricorso al MES possa indebolire la già compromessa immagine dell’Italia agli occhi degli investitori. Premettendo che il comportamento dei mercati non è sempre facile da prevedere, questo problema di percezione si potrebbe manifestare qualora il nostro paese fosse l’unico ad accedere ai prestiti. Ma è un “contro” ipotetico che mal si bilancia al “pro” concreto del risparmio sui tassi d’interesse.
Alcuni hanno suggerito di ritirare i 14 miliardi di euro con cui l’Italia contribuisce al capitale del MES, per utilizzarli direttamente senza ricorrere al prestito. Si dimentica però che quei soldi sono una garanzia, seppur parziale, per la tenuta dei conti pubblici: qualora, infatti, l’Italia dovesse trovarsi in difficoltà, il MES potrebbe utilizzare le contribuzioni degli stati per indebitarsi ad un costo contenuto sul mercato finanziario, fornendo le necessarie risorse al nostro paese.
Ritirare la nostra contribuzione in questo momento potrebbe essere paragonato a disdire l’assicurazione dell’auto poco prima di guidare in maniera spericolata su una strada di montagna.
E’ di certo vero che la questione relativa all’attivazione genererà un terremoto politico nelle prossime settimane. Da questo punto di vista, sarebbe opportuno che lo attivassero più paesi assieme, così da convincere gli scettici dell’utilità dello strumento. Purtroppo, al momento, né Spagna, né Portogallo sembrano avere intenzione di utilizzarlo: entrambi i paesi confidano nelle possibilità assicurategli dall’accesso ai mercati. Antonio Costa e Pedro Sanchez sono dissuasi dai tassi d’interessi più bassi dei rispettivi titoli di stato rispetto a quelli italiani, oltre che dal minore ammontare di risorse a cui potrebbero accedere, essendo la linea di credito rapportata al PIL.
Ciò non toglie che, anche attivandolo da soli, il MES potrebbe regalare un po’ di respiro alle finanze pubbliche italiane. Ovviamente, non ci permetterebbe di evitare di indebitarci da soli sui mercati, perché la crisi del Covid-19 richiede interventi per importi ben maggiori di quei 37 miliardi, ma agevolerebbe sicuramente le operazioni di rafforzamento della sanità pubblica, di tracciamento del virus, di prevenzione e di miglioramento delle strutture a disposizione.
E’ bene sottolinearlo, però: il MES, da solo, non basta. La risposta dell’Europa unita deve arrivare dalla Commissione, che in queste settimane sta progettando il Recovery Fund. La creazione di titoli di stato perpetui legati al bilancio comunitario potrebbe aprire una nuova stagione dell’integrazione europea, permettendoci di intravedere una luce in fondo al tunnel della crisi e, magari, di guardare al futuro con un po’ più di ottimismo.
CIVITAS EUROPA - Divisione Economia
Note:
[1] per approfondire, Andrea Scipione ne ha trattato qui: https://civitaseuropadoteu.wordpress.com/2020/03/24/messo-da-che-parte/
[2] consultabile qui: ESM Pandemic Response Plan; https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/economy-finance/2020-05-08_draft_response_plan_for_eg12h50.pdf
[3] ANSA: https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2020/05/12/regling-mes-vantaggioso-italia-risparmia-7-miliardi-_66e711a8-55fe-4196-9285-10ca43c600bb.html
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