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Il dilemma ucraino

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Negli ultimi mesi la tensione tra gli Stati coinvolti nella crisi ucraina è aumentata pericolosamente. All’origine dell’innalzamento della tensione vi è lo schieramento, da parte della Russia, di circa 100 mila soldati nei pressi del confine con l’Ucraina. Gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Nato accusano Mosca di minacciare l’invasione del vicino. Il Cremlino, dal canto suo, ha rigettato le accuse e chiesto garanzie sulla sicurezza.

È bene precisare che il recente innalzamento della tensione costituisce una nuova fase della crisi cominciata nel 2014. Non siamo quindi di fronte a un nuovo evento, bensì all’avvitamento della spirale di tensione generata dai fatti del 2014, ovvero la destituzione e la fuga del presidente ucraino Viktor Janukovic in seguito alle proteste di Euromaidan, l’annessione della Crimea e lo scoppio della guerra nel Donbass.

In altre parole, quello che sta accadendo nelle ultime settimane è il risultato della mancata risoluzione delle dispute sorte in seguito agli eventi di otto anni fa. Nello specifico, per quanto riguarda il Donbass, la guerra non è mai terminata, sebbene dopo la sottoscrizione degli accordi di Minsk II (12 febbraio 2015) sia proseguita con un’intensità minore.

Dal 2014 in poi, dal punto di vista politico e degli approvvigionamenti militari, l’Ucraina si è sempre più avvicinata all’Occidente. Nel 2019 Kiev ha inscritto nella Costituzione l’obiettivo di aderire all’Unione Europea e alla Nato. Il presidente Volodymir Zelensky, eletto nel 2019, ha proseguito il cammino lungo il percorso euro-atlantico tracciato dal suo predecessore Petro Poroshenko [1].

Nel frattempo, Washington ha approfondito i legami con Kiev, giungendo a trattare la repubblica post sovietica come se fosse un quasi membro dell’Alleanza atlantica. Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno fornito armi, consulenza militare ed eseguito esercitazioni congiunte con gli ucraini, sollecitando gli alleati a fare lo stesso. Contemporaneamente, il presidente Joe Biden ha più volte affermato l’impegno statunitense volto a tutelare la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina nei confronti dell’aggressione russa [2].

Questo è il nocciolo della questione. Pur senza aderire formalmente alla Nato, l’Ucraina, nei fatti, vi si sta avvicinando sempre di più.

Da ormai otto anni l’Ucraina è in una guerra non dichiarata con la Russia. L’annessione della Crimea e il sostegno ai separatisti del Donbass hanno compromesso le relazioni tra Kiev e Mosca. È quindi più che comprensibile che l’Ucraina intenda investire risorse per tutelare la propria sicurezza nazionale e che per far ciò rivolga lo sguardo verso ovest (e sud) [3]. In effetti, quale Stato, vedendo la propria integrità territoriale minacciata dall’esterno, non si armerebbe?

I politici ucraini sostengono che l’adesione all’Alleanza atlantica rafforzerà la sicurezza del paese. È vero il contrario: più l’Ucraina si avvicina alla Nato, più aumenta la sua insicurezza, giacché crescono le probabilità di un’invasione [4]. La Nato è da sempre un’organizzazione antirussa quindi è logico che il Cremlino voglia impedire che l’Ucraina si avvicini eccessivamente all’Alleanza.

Qualcuno potrebbe sostenere che sia stata la Russia a gettare l’Ucraina nelle braccia dell’Occidente, poiché annettendo la Crimea e dando supporto ai separatisti del Donbass ha danneggiato irreparabilmente i rapporti con Kiev. Tuttavia, questi eventi furono a loro volta una reazione innescata dal cambio di regime avvenuto nella capitale ucraina nel febbraio 2014. Dal punto di vista russo, le proteste di Euromaidan e la fuga di Janukovic furono la dimostrazione di una netta presa di posizione internazionale da parte dell’Ucraina che cozzava con gli interessi russi.

Ad ogni modo, a prescindere da quale sia il momento preciso in cui Kiev ha attuato la svolta verso Occidente, ciò che conta è prendere atto di alcuni dati di fatto incontrovertibili: data l’importanza dell’Ucraina per la sicurezza nazionale, la Russia, piaccia o non piaccia, la rivendica come parte integrante della sua sfera d’influenza politico-militare esclusiva. Siccome, di fatto, Mosca ha perso Kiev, per i russi è fondamentale impedire un eccessivo avvicinamento della repubblica post sovietica all’Occidente e, allo stesso tempo, assicurarsi che essa rimanga debole.

Per fermare il percorso verso Occidente del vicino, la Russia potrebbe normalizzare le relazioni con l’Ucraina, così da non essere più considerata una minaccia per la sua integrità territoriale. Al momento, però, la normalizzazione appare altamente improbabile. Infatti, essa implica la restituzione della Crimea e la rinuncia a supportare i separatisti del Donbass. Condizioni irricevibili per il Cremlino, considerati anche gli ingenti investimenti fatti in Crimea in seguito all’annessione.

Ci troviamo quindi di fronte a un dilemma. Kiev, sentendosi minacciata dal Cremlino, chiede aiuto alla Nato, approfondendo sempre di più le relazioni con gli Stati Uniti e i loro alleati, con l’obiettivo di rafforzare la propria sicurezza. Di conseguenza Mosca, considerato il carattere antirusso dell’Alleanza, si allarma e schiera truppe non lontano dal confine, destando preoccupazioni nelle cancellerie occidentali e aumentando l’insicurezza dell’Ucraina.

Il dilemma pare insolubile. Infatti, se la Russia non è disposta a cedere la Crimea, né a cessare il supporto ai separatisti, l’Ucraina non intende rinunciare alle sue aspirazioni euro-atlantiche. L’unica cosa che gli attori coinvolti nella crisi possono fare è gestire tale dilemma, con l’obiettivo di impedire che la contrapposizione di interessi faccia degenerare la situazione.

 

CIVITAS EUROPA - DIVISIONE RELAZIONI INTERNAZIONALI

Massimiliano Palladini

 

Note

[1] President: Ukraine will continue the strategic course enshrined in the Constitution – gaining full membership in the EU and NATO, president.gov.ua, 17 dicembre 2020, https://www.president.gov.ua/en/news/prezident-ukrayina-prodovzhit-zakriplenij-u-konstituciyi-str-65605.

[2] Ted Galen Carpenter, Making Ukraine a NATO Member in All but Name, cato.org, 30 settembre 2021, https://www.cato.org/commentary/making-ukraine-nato-member-all-name.

[3] Ukraine links arms with Turkey, Poland and UK as NATO membership remains distant, politico.eu, 5 febbraio 2022, https://www.politico.eu/article/nato-membership-defense-ukraine-turkey-poland-uk/.

[4] John Mearsheimer ed Henry Kissinger, tra gli altri, si sono pronunciati contro l’ingresso di Kiev nell’Alleanza Atlantica, affermando che l’adesione dell’Ucraina alla Nato avrebbe gravemente peggiorato le relazioni tra Russia ed Occidente. Mearsheimer, nel 2014, propose anche la neutralizzazione dell’Ucraina mentre Kissinger, sempre ai tempi dello scoppio della crisi, scrisse “far too often the Ukrainian issue is posed as a showdown: whether Ukraine joins the East or the West. But if Ukraine is to survive and thrive, it must not be either side’s outpost against the other — it should function as a bridge between them”. Si veda John J. Mearsheimer, Why the Ukraine Crisis Is the West’s Fault: The Liberal Delusions That Provoked Putin, in “Foreign Affairs”, Vol. 93, N° 5, Settembre/Ottobre 2014, pp. 77-89 e Henry Kissinger: To Settle the Ukraine crisis, start at the end, washingtonpost.com, 5 marzo 2014, https://www.washingtonpost.com/opinions/henry-kissinger-to-settle-the-ukraine-crisis-start-at-the-end/2014/03/05/46dad868-a496-11e3-8466-d34c451760b9_story.html.

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