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Green economy – le ultime carte geopolitiche di un Occidente che ripudia la politica di potenza

Post Cover - Green economy – le ultime carte geopolitiche di un Occidente che ripudia la politica di potenza

A cura di Alessandro Verdoliva

ANALYTICS INDEX Metodo di analisi: deductive input-based analysis. Tipo di potere: hard e soft power Dominio: internazionale; economico e narrativo Stake: predominio economico e coesione sociale Attori proponenti: Stati Occidentali (altrimenti definibili come “Stati appartenenti alla sfera di influenza economico-militare statunitense”) Input: politiche ambientaliste Output: effetti manifesti e latenti Quesito di ricerca: quali sono gli effetti geopolitici latenti delle policies ambientaliste?

ABSTRACT:

Questa breve ricerca teorizza quali siano gli effetti latenti ed impliciti dell’agenda politica Occidentale in materia di ambientalismo, oltre agli effetti espliciti e dichiarati di tali policies dai policy makers (i legislatori). Per policies si intendono quelle che in italiano vengono definite “le politiche”, come politiche fiscali, monetarie, sociali ecc. La nostra ricerca verte sulle policies internazionali volte a regolamentare in senso restrittivo delle normative in materia di inquinamento. Abbiamo quindi un campo internazionale a trazione Occidentale in cui il potere viene esercitato sia con soft power sia con hard power su un dominio prettamente politico dal punto di vista dichiarativo ma con consistenti riflessi latenti sul campo narrativo ed economico. E’ empiricamente dimostrato, nonché un fatto autoevidente, che ogni azione comporta un set di reazioni: un aumento delle tasse ha come effetto dichiarato quello di rinfoltire le casse dello Stato. Dall’altro però vi è un effetto latente indiretto, spesso indesiderato e non calcolato o non calcolabile: un aumento delle tasse nasce con la volontà manifesta di incrementare la capacità fiscale di uno Stato (effetto manifesto/esplicito); ma provoca solo un aumento delle entrate senza nessun altro effetto? Oppure potrebbe provocare un aumento anche dell’evasione fiscale (effetto latente/indiretto)? Una tassazione troppo alta può provocare come effetto indesiderato situazioni di indigenza? L’indigenza potrebbe poi di contro gravare sul bilancio di uno Stato? Potrebbe quindi verificarsi una condizione per cui l’effetto latente indiretto sia superiore all’effetto desiderato? La risposta è sì. Ad esempio, alzare troppo l’IVA dei beni produce una contrazione dei consumi i quali diminuendo fanno calare anche le entrate dello Stato. In questo articolo per semplificazione riassumeremo col termine “effetto latente” tutto l’aggregato di reazioni ad una policies che, oltre a produrre gli effetti esplicitamente dichiarati per i quali si propone una determinata policy, producono effetti collaterali, indiretti, non calcolati o non calcolabili, indesiderati. Il nostro quesito è quindi: “oltre agli effetti espliciti e dichiarati delle politiche ambientaliste, quali sono gli effetti indiretti?”. Il secondo quesito pone invece una domanda più sostanziale a cui però non si può trovare empiricamente risposta: “se gli effetti latenti apportano agli attori proponenti un beneficio non indifferente, esiste motivo di credere che l’effetto latente sia in realtà il motivo effettivo alla base di una policies che non poteva essere formulata nei termini latenti?”. La volontà reale del policy makers non è conoscibile, pertanto ci limiteremo a valutare gli effetti e porli a confronto cercando di dedurre in larga misura quali siano le reali intenzioni, e in senso più ristretto, quali siano oggettivamente i vantaggi apportati dagli effetti latenti. Questa ricerca si articola infatti in quattro fasi: in primis la definizione dell’input, ovvero quali siano le politiche ambientaliste su cui in questa analisi poniamo la nostra attenzione; in secundis, definire gli effetti latenti e in tertiis definire i vantaggi che l’attore proponente di tale policy ricaverebbe dagli effetti latenti. Qualora vi fossero benefici lo sarebbero di più degli effetti espliciti? In quartis, ipotizzare quale sia l’obiettivo politico non dichiarato facendo una previsione, che a rigor di metodo potrà essere empiricamente e induttivamente testata solo una volta che le policies avranno avuto effetto.

1. POLICIES AMBIENTALISTE Per “policies ambientaliste” definiamo tutto quello spettro di politiche volte a regolare i processi industriali. Nella fattispecie si intende una agenda politica internazionale di stampo euro-atlantico la quale preme sugli organismi internazionali e sugli Stati membri al fine di raggiungere degli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale delle attività umane. Queste attività si distinguono principalmente in quelle top-down e bottom-up, cioè sia le politiche volte a rendere i processi industriali e logistici meno impattanti sulla neutralità ambientale sia volte ad incentivare da parte della cittadinanza abitudini e usi di consumo più “green” o “eco-friendly”, come ad esempio la parsimonia nell’utilizzo dell’elettricità, dei combustibili fossili o la conversione ad impianti eolici e fotovoltaici. Un esempio importante è fornito dagli ingenti incentivi per l’acquisto di automobili elettriche così come tutti gli incentivi per l’utilizzo dei mezzi pubblici o dello “sharing” rispetto allo spostamento in singoli veicoli. Lo spettro dei vari tipi di inquinamento è ampio, spaziando dall’inquinamento acustico all’inquinamento dei mari e il conseguente avvelenamento delle forme di vita marine e l’abbassamento della qualità dei prodotti ittici, nonché un forte danneggiamento delle località turistiche site laddove la regolamentazione sull’inquinamento marittimo risulta più labile. Tuttavia, per quanto siano vasti gli ambiti in cui le attività umane generano una alterazione degli equilibri ecosistemici, l’aspetto più premuto in assoluto è quello della tecnologia energetica. Il primo imputato risulta essere il gas serra e le particelle tossiche della scala di pochi micron risultanti dalla combustione fossile. Modernizzare in senso elettrico, eolico, fotovoltaico ed eco-friendly le attività umane è diventata forse la più grande battaglia che l’Occidente porta avanti negli ultimi 20 anni. Sugli altri aspetti relativi all’inquinamento l’interesse politico persiste, ma con una risonanza ed un investimento economico sensibilmente inferiore. In questa fattispecie noi andremmo focalizzarci maggiormente là dove l’impegno politico è maggiore, ovvero la regolamentazione delle emissioni atmosferiche del settore energetico e del settore industriale.

2. EFFETTI LATENTI Mentre gli effetti dichiarati di tali policies sono autoevidenti, ovvero la tutela dell’ambiente, della salute umana e la creazione di nuovi posti di lavoro, gli effetti latenti risultano meno dibattuti. Infatti, la restrizione normativa e i disincentivi economici verso comportamenti economici inquinanti, che siano dal lato del produttore o da quello del consumatore, portano con sé anche altri effetti. In primis, si crea una narrazione valoriale, un collante messianico che relega nuovamente l’Occidente nella posizione di tutrice del benessere del pianeta e che di conseguenza crea una coesione sociale attorno ad un principio di salvaguardia della specie umana. Gli effetti della narrazione possono essere inclusi in quelle politiche dette di “soft power”. Una così forte coesione attorno ad un valore (la questione ambientale), ripetiamolo – in special modo attorno alle emissioni di gas serra e di inquinanti industriali e da beni finali o intermedi dipendenti o essenti combustibili fossili- , è qualcosa di cui l’Occidente è stato particolarmente carente nelle ultime due decadi. Al crollo del blocco sovietico e con la fine della moda dell’esportazione democratica, l’Occidente ha visto il proprio ruolo messianico impallidirsi e con esso anche un certo grado di coesione sociale. L’assetto euro-atlantico, definibile come impero nel senso geopolitico e neutrale del termine, non può permettersi di mantenere la propria egemonia senza una coesione sociale interna solida. Oltre ad un effetto narrativo di enorme rilevanza ve ne sono altri due, di natura economica, di ancora maggior spessore: la differenziazione dell’offerta e il mantenimento del predominio politico-economico dell’architettura internazionale. Per differenziazione dell’offerta si intende un concetto economico volto a spiegare come un più ampio spettro di offerta garantisca una minor dipendenza e una minor soggezione della domanda. In sintesi: maggiore è l’offerta di un dato bene e meno indispensabile diventa colui che offre agli occhi di colui che domanda. Quando ad offrire un bene è solo un attore (monopolio) il potere che esso ha sul consumatore è enorme. Differenziando l’offerta il consumatore ha un margine di manovra maggiore e un margine di soggezione e/o ricattabilità inferiore. In questo caso il bene a cui si fa riferimento è l’energia: l’Occidente, in qualità della sua precoce industrializzazione e urbanizzazione, è diventato nei secoli un affamatissimo consumatore di energia ma, disgrazia volle, che il fabbisogno energetico Occidentale fosse di gran lunga superiore alla disponibilità energetica disponibile sul proprio territorio a parità di tecnologia. La frase “a parità di tecnologia” è molto importante da sottolineare, perché infatti quando il bene energetico era acquisibile solo grazie a combustibili fossili, allora il fabbisogno energetico Occidentale era legato alle politiche dei paesi esportatori e degli annessi cartelli (vedere OPEC), ma da quando la tecnologia ha permesso di sfruttare risorse usufruibili anche in territorio Occidentale, il potere dei paesi esportatori di combustibili fossili è diminuito (motivo per cui, probabilmente, storici esportatori di idrocarburi come Norvegia e Arabia Saudita stiano investendo massicciamente in energie alternative, consapevoli forse del fatto che la domanda di idrocarburi andrà in calo nei prossimi decenni). Diminuendo il potere dell’offerta (cioè i paesi esportatori di energia) aumenta di contro il potere della domanda (gli Occidentali) la quale non si trova più soggetta alle decisioni e agli eventuali ricatti dei price-makers. In sintesi, convertire l’economia Occidentale verso le risorse rinnovabili e alternative, rende improvvisamente l’Occidente più forte rispetto ad altri paesi del mondo: al crescere dei metodi di approvvigionamento energetico comporta un calare della dipendenza, più margine di trattiva e un potere negoziale di gran lunga più forte sui propri competitors internazionali. Questo aspetto ha implicitamente una seconda faccia: non solo aumenta il nostro potere relativo in quanto meno assoggettati all’offerta, ma diminuisce la forza economica dei paesi esportatori che hanno ancorato in larga parte le proprie economie all’esportazione di idrocarburi. Secondo la teoria della Dutch disease, più i paesi sono ricchi di risorse naturali. come i combustibili fossili, meno sono propensi allo sviluppo tecnologico, si formano in pratica quelle economie che vivono di rendita, una rendita in questo caso che dipende dal consumo Occidentale di energia non rinnovabile, che qualora venisse a mancare porterebbe le economie più ancorate alle esportazioni di idrocarburi al collasso. Con mantenimento del predominio politico-economico si intende la cristallizzazione di un equilibrio mondiale fondato sulle ceneri della Seconda guerra mondiale, detto comunemente New World Order, ovvero quel sistema sovrannazionale liberale a trazione preminente (ma non monopolistica) statunitense sorto al termine del conflitto dalla nascita dell’ONU, del GATT, dal Patto Atlantico e degli accordi di Bretton Woods. Si tratta di un sistema di enorme complessità e di enorme interesse che per onestà intellettuale non ci arroghiamo la facoltà di esplicare o di sintetizzare in questo articolo onde evitare inutili banalizzazioni. L’aspetto che più ci preme però è come questo sistema abbia forgiato il mondo attuale del Ventunesimo secolo, portando ovunque sul globo una connessione commerciale, economica e politica imprescindibile. Non esiste alcun livello della vita economica e politica in nessun angolo del mondo che non sia in qualche forma influenzata e regolamentata direttamente o indirettamente dalla rete normativa e di libero scambio creata dal NWO liberale. La cosa che ci preme è che questo sistema è costruito, retto e garantito dal potere sorto egemone dopo il 1945: gli Stati Uniti e gli alleati europei. Questa egemonia liberale euro-atlantica ha garantito al nostro emisfero una risonanza sociale, economica e politica globale grazie al quale abbiamo, in quanto Occidentali, prosperato. Per capire meglio in che modo il mantenimento del predominio politico-economico si allacci al nostro discorso è utile tornare alla storia dell’economia: minore è la capacità tecnologica di una economia e più l’industria di detta economia avrà un impatto ambientale negativo. Cosa significa? Significa che all’aumentare della capacità tecnologica di una economia diminuisce l’impatto ambientale e soprattutto diminuisce l’impatto delle regolamentazioni sul tessuto industriale. Ma allora perché non passano tutti a tecnologie moderne tali da abbassare le emissioni? Questo è dovuto al fatto che la modernizzazione tecnologica ha un costo non irrilevante. Le industrie dei paesi in via di sviluppo o dei paesi sottosviluppati sono industrie il cui livello tecnologico è inferiore al nostro, in cui però i costi fissi di produzione sono di gran lunga inferiori. Ciò permette di mantenere bassi i costi di produzione e aumentare esponenzialmente la quantità dei prodotti fabbricati soddisfacendo il fabbisogno interno composto principalmente da redditi pro-capite molto bassi che solo grazie ad una industria massiccia e tecnologicamente rudimentale riescono ad accedere a tali beni a prezzi di mercato bassi. Questo perché a parità di settore, i costi fissi di una impresa aumentano all’aumentare della tecnologia. Questo significa che oggi (nonostante i costi marginali calino) per produrre una automobile i costi fissi di produzione sono molto più alti rispetto agli anni 50 del Novecento. Rendere “green” una miniera di cobalto in Congo significa sostanzialmente far lievitare i costi di produzione per cui si verrebbe a formare un monopolio naturale nel migliore dei casi o un innalzamento dei prezzi a tre cifre che renderebbe questi beni non più fruibili da parte dei consumatori più poveri nel peggiore dei casi. Non servono tuttavia casi estremi come il Congo, è sufficiente pensare ai diretti avversari economici dell’egemonia economica Occidentale, cioè Cina e India: qualora loro dovessero imporre restrizioni e regolamentazioni eco-friendly al proprio apparato industriale quest’ultimo si troverebbe di fronte a delle scelte molto ardue, a prescindere dalle quali, i rispettivi debiti pubblici verrebbero gonfiati oppure, in alternativa, l’allocazione di beni e servizi non sarebbe più sufficiente a soddisfare il fabbisogno. In poche parole le loro economie non riuscirebbero a sostenere l’impatto di tali riforme nel breve-medio termine, determinando nel peggiore dei casi una stagnazione economica e nel migliore dei casi una più lenta uscita dalla miseria, rallentando la crescita economica che ha caratterizzato le economie emergenti.

3. CONCLUSIONE - EPILOGO STORICO È la prima volta nella storia dell’umanità che il gruppo egemone deve confrontarsi con potenze extra-Occidentali che non agiscono più singolarmente bensì in gruppo. L’emergere di nuovi contendenti all’egemonia non è una novità, ma è la prima volta che si verificano due fattori in contemporanea, il che rende questo periodo particolarmente cruciale per la sopravvivenza dell’egemonia Occidentale. Questi due fattori riguardano l’origine degli antagonisti, tutti esterni all’orbita Occidentale, e dal loro numero, non più sparuti attori singoli sparsi: infatti ad emergere con forza all’alba del terzo millennio sono potenze antagoniste concentrate tutte nel continente asiatico. Cina e India stanno compiendo sforzi di enorme portata al fine di giungere ad un livello di potenza sostanziale paritario nel migliore dei casi o superiore nel peggiore dei casi a quello dell’egemonia Occidentale. Adattare la politica estera d’un’egemonia ad un’opinione pubblica che ripudia la politica di potenza In un Occidente sempre meno avvezzo all’uso della forza, con una opinione pubblica permeata da ideali pacifisti, garantirsi un futuro di predominio sull’ordine mondiale è oggi un compito più arduo che mai per i policy makers. Potrebbero le politiche ambientaliste essere una soluzione win-win o si tratta più di policies i cui effetti latenti sono particolarmente desiderati e volti a uno scenario zero-sum? Ciò che si può affermare con assoluta sicurezza è che a prescindere da quali siano i reali intenti dei policy makers delle politiche ambientaliste, gli effetti di tali policies se sommati portano a risultati che spaziano dal minimax e il maximin.

Legenda:

MINIMAX E MAXIMIN: Il minimax, nella teoria delle decisioni, è un metodo per minimizzare la massima perdita possibile; in alternativa, il maximin è un metodo per massimizzare il minimo guadagno. WIN WIN GAME: Indica la presenza di soli vincitori in una data situazione. Per estensione si considera win-win una qualsiasi cosa che non scontenti o danneggi alcuno dei soggetti coinvolti. ZERO SUM GAME: In teoria dei giochi, un gioco a somma zero descrive una situazione in cui il guadagno o la perdita di un partecipante è perfettamente bilanciato da una perdita o un guadagno di un altro partecipante in una somma uguale e opposta. In sostanza si ha un solo vincitore e un solo perdente. SOFT POWER: Con “Soft Power” vengono definite le politiche internazionali volte a mutare il comportamento di altri Stati adoperando mezzi non coercitivi o indirettamente coercitivi. Il Soft Power esercitato da uno Stato nei confronti di un altro mira ad alterare le politiche di quest’ultimo con pressioni, ad esempio, culturali o diplomatiche che spingano nel lungo periodo lo Stato che ne riceve gli effetti a conformarsi alla volontà dei primi. OCCIDENTE: Viene inteso quell’architettura istituzionale (politica, militare, economica, valoriale) a trazione anglofona. Storicamente l'Occidente è l'ambito definito dall'appartenenza alla civiltà e cultura europea, precisamente romano-germanica e cristiana, contrapposta a quella dei popoli del Medio ed Estremo Oriente; nel periodo della guerra fredda, i paesi a democrazia parlamentare e a economia liberistica in contrapposizione ai paesi comunisti dell'Europa orientale e dell'Asia e ai loro caratteri culturali, economici e sociali. HARD POWER: Con “Hard Power” si definiscono le politiche internazionali attuate nei confronti di terzi mediante l’utilizzo della forza coercitiva (o della minaccia di coercizione), che sia economica (ad. Esempio embarghi o azioni di natura sanzionatoria) o che sia militare, mediante l’invio di truppe regolari o irregolari (contractors, mercenari, sabotatori) al fine di cambiare nel breve-medio termine le politiche dello Stato terzo o in certi casi addirittura imporre un cambio di regime. DUTCH DISEASE: Il male olandese è un concetto economico che cerca di spiegare l'apparente relazione tra lo sfruttamento delle risorse naturali e il declino del settore manifatturiero. La teoria sostiene che un incremento nel reddito derivante dalle risorse naturali porta alla deindustrializzazione dell'economia nazionale tramite l'apprezzamento del tasso di cambio, che rende il settore manifatturiero meno competitivo e i servizi pubblici invischiati con gli interessi privati. EGEMONIA: Supremazia di uno stato su altri stati minori, con riferimento in origine all’autorità politico-militare che nell’antica Grecia era detenuta dallo stato più forte all’interno di una lega o alleanza: l’e. spartana o di Sparta, nella lega peloponnesiaca; l’e. di Atene, nell’ambito della lega delio-attica; e con senso più generico: l’e. tedesca nel secolo 19°. Per estens., preminenza, supremazia esercitata in qualche settore politico o anche non politico: avere, possedere, perdere l’e. dei mari o navale; e. economica, commerciale, industriale; l’e. intellettuale di Atene sulla Grecia; l’e. della borghesia; e. culturale. OLIGOPOLIO: Forma o situazione di mercato caratterizzata dalla presenza di un numero di venditori limitato in rapporto al numero dei compratori ≈ ↑ monopolio. ↔ ‖ oligopsonio IMPERO: È formato generalmente da entità statali di varia natura e dimensione (regni, principati, signorie, città-Stato, nazioni ecc.), subordinate all’autorità imperiale. Nasce quasi sempre da conquiste militari, ha avuto sin dall’antichità un’estensione territoriale di portata continentale e a volte anche extracontinentale, e, al di là della diversa natura dell’ordinamento politico interno, ha incarnato quasi sempre un’ideale universalistico e religioso. Nel secondo dopoguerra il termine «potere imperiale» è stato usato per definire il sistema di rapporti esistenti all’interno dei due blocchi contrapposti formatisi intorno a USA e URSS.

DEFINIZIONI FORNITE DA TRECCANI

CIVITAS EUROPA Dr Alessandro Verdoliva

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