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Francia e Russia dalla Grande Guerra alla crisi di Suez, un excursus storico

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In questa seconda parte analizziamo la situazione di Francia e Russia durante il quarantennio che va dalla Prima guerra mondiale alla crisi di Suez.

La Prima guerra mondiale e la caduta dello zarismo

Vent'anni dopo la stipulazione dell’alleanza militare franco-russa un evento tanto inaspettato quanto disastroso mise alla prova le relazioni tra Parigi e San Pietroburgo: la Prima guerra mondiale. Il casus belli accadde, come è noto, il 28 Giugno 1914 quando Gavrilo Princip, uno studente anarchico serbo-bosniaco, assassinò a Sarajevo l’erede al trono d’Austria-Ungheria Francesco Ferdinando.

Non fu un caso che l'assassinio accadde proprio a Sarajevo, in Bosnia, nel cuore dei Balcani. La regione dell'Europa sud-orientale divenne oggetto delle mire di Russia ed Austria-Ungheria in concomitanza con l'aggravarsi del declino del plurisecolare Impero ottomano. La nascita di nuovi Stati, resi aggressivi dal nazionalismo, unita alla competizione tra Vienna e San Pietroburgo, generò un aumento delle tensioni che sfociò nello scoppio della Grande Guerra. L'ultimatum austro-ungarico alla Serbia fu fatto per essere rifiutato e legittimare così la dichiarazione di guerra. Durante la crisi di luglio, Vienna incassò l'appoggio tedesco, mentre la Russia, per legittimare il suo status di grande potenza e la sua sfera d'influenza nei Balcani, sostenne senza tentennamenti la Serbia. Un mese esatto dopo l'assassinio l'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia e nel giro di dieci giorni tutte le grandi potenze europee entrarono in guerra tra loro. Il meccanismo delle alleanze aveva funzionato alla perfezione. La Grande Guerra era scoppiata.

Le sorti vittoriose della Triplice Intesa nella Prima guerra mondiale sono note a tutti, così come è noto che la Russia versava in condizioni talmente critiche che dovette uscirne nel 1917, lasciando i due alleati da soli ma in grado di proseguire grazie anche al concomitante ingresso degli Stati Uniti. Il presidente Woodrow Wilson riuscì a convincere l’opinione pubblica dell’intervento dopo la ripresa della guerra sottomarina indiscriminata tedesca e l'invio del telegramma Zimmerman con il quale la Germania propose al Messico di entrare in guerra a fianco degli Imperi Centrali.

L’uscita di Mosca dal conflitto (e l’inizio di una lunga guerra civile) verrà sancita attraverso il trattato di Brest-Litovsk firmato con gli Imperi Centrali. Nonostante la grande audacia dei soldati russi che si spinsero ben oltre le loro capacità, la Rivoluzione fu inevitabile.

Ma piano: il trattato di pace venne firmato dai bolscevichi che decisero a livello unanime di uscire dalla guerra dopo che questi fecero la Rivoluzione. Cosa accadde in Russia? Lo Zar crollò in marzo e i bolscevichi presero il potere in novembre, ma c’è un episodio precedente che va sottolineato: il punto di non ritorno si raggiunse quando i militari si rifiutarono di obbedire allo Zar nello sparare alla folla che protestava da tempo a Pietrogrado. Nonostante inizialmente il Governo Provvisorio (dalla caduta dello Zar fino alla presa di potere dei bolscevichi) provò a continuare la guerra, la sofferenza dei cittadini e le carenze strutturali erano tali per cui la Rivoluzione prese il sopravvento. La Rivoluzione Russa portò al rovesciamento dell’Impero zarista formando prima la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e poi, nel 1922, dopo la guerra civile, l’Unione Sovietica. A causa della guerra, la Russia subì sei milioni di morti e con il trattato di pace perse la Polonia, parte dei Paesi Baltici e l’Ucraina. Il Governo Provvisorio (prima di L’Vov, poi di Kerenskij e alla fine di Kolcak) fu sconfitto e si vide la netta vittoria dell’Armata Rossa per mano di Lev Trockij. Insomma, la Russia visse l’anno più determinante della propria storia. Finita la guerra civile, l’URSS (d’ora in poi andrà chiamata così), per mano di Lenin, cominciò a riformarsi totalmente: si perseguì la NEP (Nuova Politica Economica), si combatteva contro l’elevato analfabetismo, si imponevano riforme all’industria e si riaprivano le istituzioni ad un commercio vagamente più libero.

In questo periodo, è necessario affermarlo, comincia a prendere piede l’idea dell'integrazione europea, che venne concepita inizialmente dal Conte Kalergi. Idea che influenzò persino Briand, politico francese e forte promotore degli Stati Uniti d’Europa.

Dopo Lenin salì al potere Stalin, il “sergente di ferro”, che si schierò (non apertamente) contro la NEP, varando nuove misure, come la collettivizzazione delle campagne, l’industrializzazione forzata e la ristrutturazione dell’esercito. Alla vigilia della Seconda Guerra mondiale, l’Unione Sovietica aveva una nuova faccia, anche a livello internazionale, grazie all’entrata nella Società delle Nazioni nel 1934 (quello stesso organo ripudiato da Lenin).

E la Francia invece? Nonostante la vittoria, il nord-est del Paese venne distrutto dalla furia dei combattimenti. Nell'ambito delle trattative per la pace, la Francia sostenne l'imposizione di una pace punitiva alla Germania e, mentre la Russia era sconvolta dalla guerra civile, la Francia fu protagonista della creazione del nuovo ordine post-bellico. Ma il vento della Rivoluzione bolscevica soffiò anche in Francia.

L’onda del bolscevismo in Francia

La Rivoluzione Russa si fece sentire in tutta Europa e uno dei Paesi più “colpiti” dalla nuova ondata rivoluzionaria fu proprio la Francia: il grande sindacato (CGT) portò l’orario di lavoro a otto ore e da una scissione del Partito Socialista nacque un nuovo partito rivoluzionario chiamato “Sezione francese dell’Internazionale Comunista”. La Destra era a minimi storici poche volte toccati e, nonostante le grandi innovazioni, i danni erano veramente ingenti. In Francia, in questo periodo, abbiamo uno degli scontri più accesi tra la borghesia e l’allora centro-sinistra.

La “mètropole” tra le due guerre è un Paese instabile e con tanti danni da ripagare, ma anch’esso, come l’amico sovietico, riformato. Instabile perché tra il 1929 e il 1936 si susseguirono ben venti governi e ciò fu la dimostrazione che “le tradizionali ricette liberaldemocratiche non ebbero gli strumenti adatti per affrontare i tragici risvolti della crisi”. Infatti, si afferma che la politica deflazionistica perseguita portò a un aumento della disoccupazione e a una diminuzione dei salari, “creando terreno fertile per il populismo di destra”. Come in Italia e in Germania, cominciarono a crearsi formazioni di estrema destra. Celebre fu il tentativo di colpo di Stato di Action Française per instaurare un regime fascista, che fallì grazie alla reazione degli apparati repressivi. Nello stesso periodo troviamo gli accordi Laval-Mussolini del 1935. L’imperialismo russo esce allo scoperto proprio con Stalin, e mentre la Francia si accorda con l’Italia per cercare di fermare il riarmo tedesco, la guerra improvvisamente sembra di nuovo ineluttabile.

Francia e URSS nello scenario post-bellico

I risvolti della Seconda Guerra mondiale sono chiari: gli USA escono indiscussi vincitori formalmente e sostanzialmente, mentre sia URSS che Francia escono con le ossa spezzate, e quindi vincitrici solo formalmente. L’Europa intera era un cumulo di macerie e cadaveri. In Francia, dopo la guerra, s’instaurò la Quarta Repubblica il 13 ottobre 1946, mentre l’URSS si preparava a diventare il secondo principale attore del nuovo ordine mondiale insieme ai primeggianti USA, in quella che poi, contrariamente ai piani, sfociò nella più comunemente nota Guerra Fredda. L’URSS, a differenza degli altri Paesi europei che si avvalsero del Piano Marshall, fece continuare l’economia di guerra. La Quarta Repubblica francese durò dodici anni, vide susseguirsi ben ventidue governi e si reggeva sul PCF (Partito comunista francese), la SFIO (Sezione francese dell’Internazionale operaia) e il Movimento Repubblicano Popolare.

Figura cardine del sistema fu il generale Charles De Gaulle, colui che portò la Francia fuori dal conflitto (celebre è il suo radiomessaggio da Londra dove invita alla resistenza nazionale) e che volle superare il “sistema dei partiti”. Tra il 1944 e il 1945, vanno sottolineate, in Francia, l’introduzione del suffragio femminile e della previdenza sociale. Il PCF, anche se in misura minore rispetto ad altri partiti comunisti europei, dipendeva dalle direttive di Mosca, così come il suo prestigio. Quando però l’URSS invase sanguinosamente l’Ungheria nel 1956, l’opinione pubblica mondiale si scandalizzò e i consensi crollarono.

A fine guerra, è tassativo ricordarlo, il bisogno di un'integrazione interstatale europea era forte. Le persone erano stremate, pretendevano la pace, e ciò poteva essere possibile soltanto grazie a un’Unione. Oramai gli Stati erano ridotti a macerie, la fiducia era persa e la guerra fece capire cosa accadesse in mancanza di un organo che potesse cercare, in modo ferreo, di fermare i conflitti sin dalla loro nascita. La propaganda dei vari Stati non aveva più effetto, le persone necessitavano tranquillità: è per questo motivo che la narrazione europea prese sempre più piede. Per far sì che il processo di integrazione europea fosse sempre più saldo, di vitale importanza fu il Manifesto di Ventotene: documento redatto e discusso nel bel mezzo del Mar Tirreno nel 1944 e firmato da Alfredo Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann. Il 17 Marzo 1948 è formale la creazione dell’UEO, ovvero l’Unione dell’Europa Occidentale, sancita dal Trattato di Bruxelles. Essa era una cooperazione militare, economica e politica che racchiudeva ben 28 Paesi tra osservatori e membri associati. L’integrazione europea stava prendendo forma in pochissimo tempo, tanto era forte la voglia di pace. Dopo questi fondamentali tasselli, il balzo decisivo al processo di integrazione europea viene dato dalla Dichiarazione Schuman: il 9 Maggio 1950 Robert Schuman, Ministro degli Esteri francese e uno dei padri fondatori dell’Unione Europea, tiene un discorso in cui il concetto di Europa viene specificato diverse volte. Schuman, insieme a De Gasperi e Adenauer su tutti, darà vita anche alla Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio (CECA) nel 1951, altro passo determinante verso la futura Unione. Nel 1957 nascerà poi la Comunità Economica Europea (CEE). La Francia, in quanto Paese fondatore sia della CECA che della CEE, giocò un ruolo fondamentale nell'avviare l'integrazione europea. Tuttavia, bisogna ricordare che il veto francese nel 1954 bloccò la nascita della Comunità europea di difesa (CED).

La Francia, nel 1954, a seguito delle rivendicazioni sud-est asiatiche, perse la preziosa guerra in Indocina contro il Movimento per l’indipendenza del Vietnam capeggiato da Ho Chi Mihn. Fu una sconfitta cocente e inaspettata, tanto da cominciare a ridimensionare le ambizioni francesi: di lì a poco i movimenti indipendentistici cominciarono a propagarsi a macchia d’olio, soprattutto in Africa, fino ad arrivare alla più dura lotta di indipendenza, ovvero quella intrapresa contro l’Algeria, che non veniva considerata una colonia ma una vera e propria continuazione del territorio francese. Fu un conflitto talmente duro che i francesi accettarono che fosse richiamato De Gaulle. Una parte integrante della Francia iniziò a distaccarsi. Fu una guerra sanguinosissima e costò tantissimo al gigante europeo, sia in termini economici sia in termini di prestigio. Fu una sconfitta talmente dolorosa da modificare l’intero assetto politico. Nel 1958, quando l’Algeria divenne indipendente grazie all’FLN (Fronte per la Liberazione Nazionale), la Francia passò dalla Quarta alla Quinta Repubblica. In questa fase è centrale la figura di De Gaulle, in Francia ma anche in Europa. Carismatico e deciso, egli fu la figura determinante per l’uscita del Paese dalla guerra. De Gaulle favorì anche la riconciliazione franco-tedesca, firmando nel 1963 il trattato dell'Eliseo con Adenauer. Fu Presidente della Repubblica francese per un decennio e si ritirò dalla vita politica dopo aver perso un referendum sulla regionalizzazione e sulla riforma del Senato nel 1969.

È curioso come i destini dei due Paesi in analisi siano completamente differenti tra il primo e il secondo dopoguerra. Nel primo dopoguerra infatti la Francia si presentava vigorosa e la Russia a pezzi; nel secondo dopoguerra invece la Francia navigava in mari difficili (distanziandosi in parte dalle politiche atlantiste) e l’URSS in virtù del perseguimento dell’economia di guerra si trovò protagonista dello scacchiere. Alla morte di Stalin, Mosca vide prendere il potere a Nikita Chruscev dopo una breve parentesi di governo di partito e il 1956 fu un anno determinante per capire quanto fossero deteriorati i rapporti tra Francia e URSS. Gamal abd Nasser, generale egiziano, stava rendendo pratica la nazionalizzazione della compagnia del canale di Suez, ritenuto un punto fortemente strategico per Il Cairo. Francia e Gran Bretagna, avendo capito cosa stessero per perdere, si opposero categoricamente schierando l’esercito e mobilitando Israele. La reazione di Mosca fu furiosa, e insieme a Washington, intimò il ritiro ad entrambe le potenze. Era il segno questo che, secondo la nuova dottrina Occidentale, il colonialismo non era più tollerabile.

Il confronto era impari e Londra e Parigi si ritirarono subito, segnando definitivamente la fine dell’epoca di “superpotenze” di Francia e Gran Bretagna.

Alla fine degli anni Cinquanta notiamo che la situazione di Francia e URSS è molto diversa. Parigi è una potenza declinante alle prese con una drammatica decolonizzazione e un profondo cambiamento istituzionale. Mosca invece è una superpotenza seconda solo a Washington che difende la sua sfera d'influenza europea intervenendo militarmente in Ungheria. Tuttavia, la supremazia dell'URSS nel blocco orientale è contestata non solo dalla Jugoslavia del maresciallo Tito ma anche dal gigante del comunismo asiatico: la Cina di Mao Tse-Tung. Alla fine degli anni Cinquanta si materializza infatti il dissidio sino-sovietico, che avrà profonde ripercussioni sulle relazioni tra le grandi potenze della guerra fredda.

Nella terza parte analizzeremo la situazione di Francia e Russia dalla fine degli anni Cinquanta al collasso dell'Unione Sovietica. Infine, la quarta parte sarà dedicata al periodo che va dagli anni Novanta ai giorni nostri.

 

CIVITAS EUROPA - DIVISIONE RELAZIONI INTERNAZIONALI

Omar Yazidi; Massimiliano Palladini

 

Sitografia

LaRepubblica.it

Lacittafutura.it

Insideover.it

Bloomberg.it

Ilpost.it

Limes.it

Euronews.it

Startmag.it

Russiabeyond.it

Startingfinance.it

Rusalia.it

 

Bibliografia

Antonio Varsori, Storia internazionale dal 1919 ad oggi, Il Mulino, 2015, Bologna

Guido Formigoni, Storia della politica internazionale nell'età contemporanea, Il Mulino, 2018, Bologna

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