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F*** Them F*** Ue: l’anti-Europa di Orbán

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Nei giorni scorsi Orbán e Mateusz Morawiecki (Primo Ministro della Polonia) si sono incontrati di nuovo a Varsavia, dopo che la presidenza tedesca dell’Unione europea aveva lanciato un ultimatum per il loro veto riguardo lo Stato di diritto. Gli altri 25 Stati membri sono pronti a istituire un Recovery Fund senza Ungheria e Polonia nel caso in cui i due Paesi non accetteranno il meccanismo di condizionalità che permette di tagliare i fondi comunitari ai Paesi che violano i princìpi dello Stato di diritto. Alla riunione ha partecipato anche il padrone del Governo polacco, Jaroslaw Kaczynski, leader del partito Legge e Giustizia (PiS) e Vicepremier. La Commissione europea è stata più volte accusata di essere troppo malleabile nei confronti di alcuni Paesi europei, Ungheria e Polonia in primis.

La Commissione ha precisato che il nuovo strumento si andrà ad aggiungere – e non a sostituire – agli strumenti già a disposizione dell’esecutivo, per intervenire contro gli Stati che fuoriescono dai confini della democrazia, ovvero attraverso procedure di infrazione e l’adozione del cosiddetto “articolo 7” del Trattato di Lisbona (l’opzione nucleare, che prevede la sospensione del diritto di voto). Anche se per la Commissione europea rimane “fondamentale” la terza via della condizionalità sui fondi europei, ovvero quella su cui si stanno giocando le trattative sul bilancio a lungo termine e fondo di ripresa.

Il sistema giuridico di Viktor

Ancora occhi puntati sull’Ungheria, nella quale mentre si riconosce che la lotta alla corruzione è funzionale in alcuni casi, in altri si constata la mancanza di “azioni risolute” per avviare le indagini penali e perseguire casi di corruzione. Questi coinvolgono funzionari di alto livello o la loro cerchia ristretta.

La Giustizia magiara è plurale:

-la Kúria (Corte suprema);

-le corti d’appello regionali (ítélőtáblák);

-i tribunali regionali (törvényszékek);

-i tribunali distrettuali (járásbíróságok);

-i tribunali amministrativi e i tribunali del lavoro (közigazgatási és munkaügyi bíróságok).

La competenza giurisdizionale dei tribunali corrisponde in generale alle suddivisioni amministrativo-territoriali del Paese e la denominazione del tribunale ne indica l’ubicazione della sede.

Alle condizioni e con le modalità previste dalla legge, i giudici non togati (nem hivatásos bíró) possono intervenire nelle cause, ma solo i giudici togati (hivatásos bíró) possono ricoprire la carica di egyesbíró (giudice monocratico) e di tanácselnök (Presidenti del collegio giudicante).

I giudici togati sono nominati dal Presidente della Repubblica e possono essere sollevati dall’incarico soltanto in conformità alle procedure specificate dalla legge. I giudici sarebbero indipendenti e soggetti soltanto alla legge, e non possono far parte di partiti o partecipare ad attività politiche.

Budapest e il PPE

Il Partito Popolare Europeo è ormai ai ferri corti con Viktor Orbán. Il Primo Ministro ungherese ieri ha scritto una lettera aperta al capogruppo del PPE, Manfred Weber, in cui ribadisce che sussistono “differenze di interessi e problemi di comunicazione” fra gli eurodeputati del suo partito, Fidesz, e la presidenza del gruppo. Per cui bisogna istituire in futuro rapporti più slegati. Siccome il partito ungherese è sospeso da ormai due anni, molti interpretano la mossa come l’anticamera di una fuoriuscita dal PPE.

Era stato proprio Weber a ribadire ieri che non c’è intenzione di rinegoziare l’accordo raggiunto a Luglio tra Parlamento, Commissione e Consiglio Ue e che «dobbiamo a questo punto sostenere un piano B a 25 (l’idea di Ursula von der Leyen). Weber sostiene poi che la clausola sullo Stato di diritto contenuta intende sostenere uno dei loro principi fondanti e non va intesa contro singoli Stati. È proprio questo il punto che Varsavia e Budapest non accettano, anzi giudicano ricattatorio. La presidenza tedesca del Consiglio Ue assicura “massimi sforzi per raggiungere una situazione che possa essere accettata da tutti i 27 Paesi”.

La minestra magiara

In molti si chiedono perché l’Unione Europea non prenda dei provvedimenti drastici nei loro confronti come l’espulsione dall’UE, come del resto aveva suggerito esplicitamente l’allora Ministro degli Esteri lussemburghese nel 2016, e in maniera più sottile il Primo Ministro olandese Mark Rutte alcuni mesi fa.

Il giornale tedesco Zeit ha pubblicato un lungo articolo che racconta – e interpreta – il declino politico, morale ed economico dell’Ungheria di Viktor Orbán, e come sia diventata un Paese sempre più diviso e meno democratico. Il saggio è stato scritto da Beda Magyar, pseudonimo che nasconde l’identità di uno scienziato ungherese, a lungo dipendente della Central European University (CEU), l’Università finanziata da George Soros che a causa delle vessazioni del Governo di Orbán ha dovuto pochi mesi fa trasferirsi dall’Ungheria all’Austria.

C’è una facciata di libertà di stampa, ma non ci sono più veri giornali indipendenti da quando fu approvata la Legge sulla stampa, nel 2011. La propaganda statale permette a una manciata di giornali e televisioni con pubblico minuscolo di continuare a funzionare, ma la maggior parte delle testate indipendenti sono ormai state comprate o chiuse da Fidesz. C’è un’apparenza di rispetto dei diritti umani, ma la Costituzione del 2012 li rende soggetti a non meglio chiariti obblighi verso lo Stato, e le leggi sono comunque molto flessibili. Le elezioni sono libere sulla carta, ma chiaramente non lo sono in pratica.

Magyar sostiene che “la brutalizzazione della stampa e della società ha raggiunto livelli mai visti dagli anni Trenta”: anche se non ci sono omicidi o incarcerazioni politiche sistematiche, succedono cose strane e apparentemente inspiegabili di tanto in tanto – come quando un candidato dell’opposizione è stato investito da un’auto il giorno prima delle elezioni – e soprattutto c’è la totale assenza di un’opposizione, almeno a livello di organizzazioni di massa. In tutto questo, dice Magyar, l’economia è in stato disastroso, tenuta in piedi artificialmente dai fondi europei e da quattro o cinque società tedesche: Orbán non sembra avere un piano di qualunque tipo per risollevare la situazione. L’ultima grande legge sul lavoro approvata in Ungheria è stata ribattezzata “Legge sulla schiavitù” e ha provocato le prime grandi manifestazioni di piazza contro Orbán dopo anni.

In un Paese di meno di dieci milioni di abitanti, quattro milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, mentre ben un milione vive in condizioni di estrema miseria. Dottori e infermieri hanno lasciato gli ospedali in gran numero e la maggior parte delle cure per il cancro vengono negate a chi abbia più di 75 anni. L’economia è in declino costante dal 2008, la disoccupazione è mascherata da programmi di lavoro pubblici – obbligatori per chi cerca lavoro, per chi percepisce un sussidio di disoccupazione e per coloro che hanno stipendi più bassi di quelli minimi per legge – ed essere senza fissa dimora è diventato illegale. La povertà è tangibile sulle strade di Budapest, così come lo era nei primi anni Novanta, e gli 87 milioni di euro inviati ogni settimana dall’Unione Europea finiscono nelle tasche degli oligarchi.

Ue, se ci sei, batti un colpo.

 

Gioele Chiaramida

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