Eurogruppo: che cosa è successo?
La riunione dell’Eurogruppo della settimana scorsa ha prodotto un vero terremoto mediatico in Italia, principalmente per ragioni che esulano dagli accordi raggiunti tra i ministri delle finanze dell’Eurozona. Non si può dire che lo stesso sia avvenuto nel resto del continente, dove la stampa ha ricevuto le proposte come notizie tutto sommato ordinarie.
Alla fine delle contrattazioni si è scelto di proporre ai capi di stato e di governo dell’Unione, che si riuniranno in sede di Consiglio Europeo il 23 aprile, un pacchetto di misure da circa 1000 miliardi di euro[1]. Oltre al già annunciato SURE, strumento comunitario per la lotta alla disoccupazione messo in campo dalla Commissione Europea con una dotazione di circa 100 miliardi di euro[2], vengono messi nel piatto anche prestiti del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità[3]) a condizionalità ridotte e una serie di aiuti erogati dalla BEI (Banca Europea per gli Investimenti).
Lo scontro sugli Eurobonds, invece, ha portato ad un accordo di compromesso sulla proposta francese di un fondo comune (Recovery Plan), finanziato temporaneamente attraverso l’indebitamento di tutta l’Eurozona. Secondo Parigi il fondo avrà una dotazione di circa 500 miliardi di euro e non necessiterà di una revisione dei trattati per essere istituito.
L’intransigenza, su posizioni contrapposte, di Italia e Olanda, ha permesso a Francia e Germania di condurre il negoziato raggiungendo un compromesso. Se Emmanuel Macron, infatti, si era schierato a favore della proposta italiana sull’emissione di titoli europei per fare fronte all’emergenza, Angela Merkel aveva preso le parti dell’Olanda, che ha da subito rifiutato con fermezza ogni proposta di mutualizzazione del debito. Il paese dei tulipani si era perfino opposto all’ammorbidimento delle condizioni dei prestiti erogati dal MES.
L’accordo provvisorio raggiunto dopo la seduta dell’Eurogruppo ha permesso al Ministro dell’Economia Gualtieri di rivendicare l’ottenimento di condizioni più favorevoli, nel caso si ricorresse all’attivazione del MES, e una proposta per un fondo comune per l’emergenza. Sui famigerati Eurobonds, invece, l’Italia ha ottenuto solo un generico impegno a discuterne in sede di Consiglio Europeo, nella forma di lettera di intenti inviata al Consiglio e alla Commissione dal presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno, sottoscritta dai nove paesi che appoggiano la proposta. Allo stesso modo, il Ministro delle Finanze olandese Wopke Hoekstra ha potuto rivendicare l’esclusione dei bond comuni dai documenti ufficiali che raccolgono le conclusioni della riunione. Lo scontro è ovviamente rinviato alla seduta del Consiglio Europeo, quando i leaders dei paesi membri si riuniranno per decidere come attuare le misure consigliate.
L’emergenza Covid-19 sta segnando il trionfo totale del metodo intergovernativo su quello comunitario. La richiesta italiana di creare dal nulla titoli che necessitano una revisione dei trattati ed un trasferimento di sovranità non è certamente ricevibile come soluzione all’emergenza, dato che le discussioni richiederebbero mesi. Gli eurobonds sarebbero la soluzione comunitaria per eccellenza e costituirebbero un enorme balzo in avanti per l’integrazione. Ma è chiaro che, anche in un periodo di emergenza, tale decisione non può essere raggiunta in tempi brevi.
Le istituzioni comunitarie hanno già messo in campo tutti gli strumenti a loro disposizione per contrastare le conseguenze sanitarie ed economiche del virus. BCE e Commissione Europea hanno raggiunto il limite impostogli dai trattati stipulati tra gli Stati Membri dell’Unione. Più in là, non si possono spingere.
La discussione sugli Eurobonds non è mai veramente stata intrapresa negli anni passati. I paesi più virtuosi dal punto di vista della finanza pubblica sono stati restii a mettere in gioco la propria credibilità finanziaria, mostrando una certa miopia nei confronti degli sviluppi del mondo globale nel futuro. Quelli con i conti meno in ordine, come l’Italia, non hanno fornito le necessarie garanzie, dimostrandosi refrattari a risanare il bilancio dello stato, a reindirizzare la spesa pubblica e, in generale, a mostrare al resto dell’Eurozona di non costituire una minaccia per la stabilità di tutti. Anche dopo la crisi del 2011, gli strumenti messi in campo sono stati ancorati alle contrattazioni tra i singoli stati. Non c’è stato alcun trasferimento di sovranità alle istituzioni comunitarie, né è stata mostrata l’intenzione di seguire quella strada.
Perciò l’Unione si è ritrovata, ad oggi, con strumenti adeguati e funzionali ad affrontare un’emergenza, ma che la rendono tutto tranne che unita. Non è stato compiuto neanche il più piccolo passo per stringere i legami di integrazione, dal Trattato di Lisbona ad oggi. Dal fallimento del progetto di Costituzione Europea, la UE si è avvitata in una spirale centrifuga che ha allontanato i paesi membri tra di loro.
I legittimi interessi nazionali, che pur trovavano spazio nel contesto sovranazionale, hanno lasciato il campo all’egoismo puro di classi dirigenti che rispondono ad elettorati e a sistemi economici e produttivi molto diversi tra di loro.
Lo spirito europeista è finito soffocato sotto la slavina intergovernativa, producendo solo diffidenza tra i vari membri.
Queste contraddizioni sono esplose nel 2008 e nel 2011, e deflagrano ancora più forte oggi. Prendendo l’esempio del nostro paese, si può dire che il governo, di cui una componente è fortemente europeista, stia gestendo in maniera isterica le negoziazioni. Arroccandosi, dopo anni di silenzio sulla questione, su una posizione integrazionista ma posticcia, perché presa solo in funzione dell’emergenza in corso.
Il Presidente del Consiglio ha alzato eccessivamente la posta, lasciando trasparire la possibilità di fare da soli nel caso le richieste italiane (irragionevoli e fuori tempo) non venissero accolte. E’ inutile dire che il tentativo mira a nascondere lo stato disastroso dei nostri conti pubblici, una variabile che in nessun caso potremo ignorare nel futuro prossimo. Allo stesso modo, anche l’opposizione sovranista ha riscoperto uno spirito europeista di comodo, funzionale a proporre l’opzione di abbandonare l’Euro e la UE una volta che gli Eurobonds non venissero accolti dagli altri paesi.
Allo stesso modo, in Olanda la stragrande maggioranza del panorama politico si scaglia contro i paesi che richiedono i bonds comuni. Già da anni gli olandesi hanno costituito l’avanguardia della frangia più ostile alla prosecuzione dell’integrazione. E sono anche il paese a cui più interesserebbe mantenere lo status quo, dato che la libera circolazione di capitali nel mercato unico europeo gli permette di attrarre aziende da tutta Europa, grazie alla tassazione più bassa. Un eventuale trasferimento di sovranità fiscale come ulteriore step nell’integrazione del continente non converrebbe all’Olanda.
Per questa sfilza di motivi l’esito dell’Eurogruppo e il conseguente trionfo del metodo intergovernativo non devono sorprendere. Come non deve sorprende che siano state Francia e Germania a condurre le danze, e non i due intransigenti rivali Italia e Olanda. Chi ha saputo conciliare i propri interessi con lo spirito comunitario e di solidarietà ha guidato gli altri 17 stati dell’Eurozona ad una soluzione di compromesso.
Come già detto precedentemente, la partita è ancora aperta e si giocherà al Consiglio Europeo del 23 aprile. Data a cui tutta l’Europa guarderà con ansia per avere risposte alla crisi tremenda che l’attraversa. Per quanto riguarda gli Eurobonds, invece, la questione è sicuramente chiusa. Con buona pace di chi grida all’Europa solo quando conviene, pretendendo il cambiamento invece di negoziarlo ed evitando il discorso sul proseguimento dell’integrazione quando le cose vanno bene.
CIVITAS EUROPA – Divisione economica
Riccardo Raspanti
Note:
L’Eurogruppo è la riunione informale dei Ministri delle Finanze dei 19 paesi che adottano l’Euro. Si riunisce solitamente alla vigilia del Consiglio dell’Unione Europea, per accordarsi sulle questioni riguardanti la moneta unica.
[1] Beda Romano, Eurogruppo, trovato l’accordo economico: piano di aiuti Ue da 1.000 miliardi, Il Sole 24 Ore: https://www.ilsole24ore.com/art/eurogruppo-ha-trovato-l-accordo-piano-senza-precedenti-500-miliardi-ADScKQJ
[2] Commissione Europea, Domande e risposte: La Commissione propone SURE, un nuovo strumento temporaneo del valore di 100 miliardi di EUR per aiutare a proteggere i posti di lavoro e i lavoratori: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/QANDA_20_572
[3] per approfondire: https://civitaseuropadoteu.wordpress.com/2020/03/24/messo-da-che-parte/
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