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Draghi, il Quirinale e il trattato con la Francia

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Mancano poche settimane alla scadenza del mandato del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la corsa al Quirinale è ormai diventata uno dei temi centrali del dibattito pubblico. Mentre Silvio Berlusconi pare essere il candidato del centro-destra, il presidente del consiglio Mario Draghi non ha dichiarato la sua indisponibilità a ricoprire il ruolo.

L'elezione del presidente della Repubblica giunge in un momento delicato per l'Italia. Il Paese è alle prese con una nuova risalita dei contagi, trainati dalla variante Omicron. L'emergenza pandemica è affrontata da un governo di unità nazionale che deve anche compiere le riforme necessarie per garantire l'afflusso dei 250 miliardi di euro promessi dall'Unione Europea nell'ambito del programma Next Generation Eu.

Sul fronte della politica estera, la firma del trattato del Quirinale tra Italia e Francia è stata senza dubbio uno dei momenti più salienti del 2021. All'articolo 3, dedicato agli "affari europei", si legge che "le Parti si consultano regolarmente e a ogni livello in vista del raggiungimento di posizioni comuni sulle politiche e sulle questioni d’interesse comune prima dei principali appuntamenti europei". Nello specifico, il paragrafo 3 recita: "le Parti rafforzano il coordinamento nei principali settori della politica economica europea, quali la strategia economica e di bilancio [...] e la programmazione finanziaria dell’Unione Europea". [1]

Italia e Francia, sfruttando l'opportunità del Next Generation Eu e facendo leva sul recente trattato, ambiscono a riformare le regole di bilancio dell'Unione Europea. Tale ambizione è stata annunciata dal premier Draghi e dal presidente Macron in un articolo pubblicato di recente sul quotidiano Financial Times. [2]

Il futuro politico di Mario Draghi, la corsa al Quirinale, le ambizioni riformiste italo-francesi. Questi tre argomenti sono collegati tra di loro. L'Italia, se vuole riformare le regole di bilancio europee da una posizione di parità con la Francia, necessita di una guida autorevole e convintamente europeista. Tale guida, oltre ad avere l'ampio consenso del parlamento, dovrebbe godere di prestigio a livello internazionale. Il presidente della Repubblica, considerati i poteri che gli affida la Costituzione, ha un ruolo chiave per far sì che il presidente del consiglio sia conforme a tale profilo. Inoltre il presidente della Repubblica, in quanto Capo dello Stato, contribuisce in maniera importante all'autorevolezza del Paese.

Non v'è dubbio che Mario Draghi sia, attualmente, la figura più indicata per dare peso e credibilità alle proposte riformiste italiane. Considerata la cronica instabilità del governo italiano, il fattore umano si rivela determinante.

A questo punto però sorge un dilemma. Il mandato da presidente del consiglio di Mario Draghi, nella migliore delle ipotesi, non andrà oltre la primavera del 2023 ma le riforme auspicate da Italia e Francia implicano un lungo processo negoziale che di sicuro supererà la scadenza delle prossime elezioni politiche. Non è infatti un mistero che le regole di bilancio siano un tema che crea aspre divisioni tra gli Stati membri dell'Unione.

L'elezione a presidente della Repubblica di Mario Draghi da un lato garantirebbe le fondamenta europeiste dei prossimi governi italiani. Dall'altro, darebbe forza alle proposte riformiste dell'Italia. Ciò comporterebbe una non trascurabile influenza del Quirinale negli sforzi della diplomazia italiana.

Molto probabilmente Draghi, qualora vada al Quirinale, sarà più interventista di Mattarella. Questo interventismo non si limiterà ai negoziati per la riforma delle regole di bilancio ma riguarderà anche i lavori del governo e del parlamento. Draghi, infatti, da presidente della Repubblica, avrà l'opportunità di influenzare le riforme che l'Italia deve approvare per ricevere i fondi europei.

Infine, la permanenza dell'ex governatore della Banca Centrale Europea al centro della scena politica italiana sarebbe ben vista non solo a Bruxelles ma anche a Washington, considerate le recenti decisioni del governo su alcuni investimenti cinesi in Italia. [3]

Insomma, oltre a dar manforte alle richieste italiane di riforma del patto di stabilità, Draghi garantirebbe anche il saldo ancoraggio del paese alle due direttrici fondamentali della sua postura internazionale, ovvero l'atlantismo e l'europeismo.

 

CIVITAS EUROPA - DIVISIONE RELAZIONI INTERNAZIONALI

Massimiliano Palladini

 

[1] Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Francese per una cooperazione bilaterale rafforzata, governo.it, https://www.governo.it/sites/governo.it/files/Trattato\_del\_Quirinale.pdf.

[2] "The EU's fiscal rules must be reformed if we are to secure the recovery - intervento di Draghi e Macron sul Financial Times", governo.it, 23 dicembre 2021, https://www.governo.it/it/articolo/ue-intervento-di-draghi-e-macron-sul-financial-times/18890.

[3] "Altolà Cina, c'è lo stop di Draghi. Golden power sui microchip", formiche.net, 23 novembre 2021, https://formiche.net/2021/11/cina-stop-draghi-golden-power-microchip/. Per gli altri due veti posti dal governo Draghi agli investimenti cinesi vedere "Il governo Draghi usa per la prima volta il Golden power: bloccata l'acquisizione cinese di un'azienda lombarda dei semiconduttori", repubblica.it, 9 aprile 2021, https://www.repubblica.it/economia/2021/04/09/news/golden\_power\_dis-295721717/ ; "Cina: il decreto Draghi salva i semi italiani con il Golden power", coldiretti.it, 27 ottobre 2021, https://www.coldiretti.it/economia/cina-il-decreto-draghi-salva-i-semi-italiani-con-il-golden-power.

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